Gli ultimi sviluppi geopolitici registrati nel quadrante comprendente i paesi rivieraschi del Mediterraneo africano sembrano indicare un progressivo allontanamento di molti attori chiave dal blocco occidentale a favore della sfera russo-cinese. Deriva dei continenti: il Nord Africa verso il blocco russo cinese?
Il caso algerino
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Se infatti guardiamo al caso dell’Algeria, in questo momento fondamentale fornitore di idrocarburi per l’Italia, vedremo che sta accentuando la sua postura filorussa per un insieme di ragioni.
La più rilevante riguarda la prosecuzione ed il rafforzamento da parte di Algeri di una cooperazione strategica ereditata dall’Urss e passata indenne attraverso il crollo del muro di Berlino.
Tale cooperazione ha tra i suoi pilastri, da un lato gli accordi per la fornitura di armamenti allo Stato algerino da parte della Federazione russa e dall’altro la stretta collaborazione in campo energetico.
Infatti, la compagnia algerina Sonatrach ha da tempo in corso una strettissima collaborazione con la russa Gazprom per lo sfruttamento congiunto di nuovi giacimenti di idrocarburi.
Poi ci sono altre forme di collaborazione non dichiarabili e tenute sottotraccia che attengono al settore dell’intelligence.
In tale contesto si registra l’intenzione, da parte algerina, di entrare come Stato osservatore nel gruppo dei c.d. Brics, al momento formato da Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa.
È infatti dello scorso aprile la dichiarazione, in tal senso, pronunciata dal Presidente algerino Tebboune durante un’intervista ad Al Jazeera.
Secondo le sue dichiarazioni gli attuali membri Brics sarebbero favorevoli all’accesso dell’Algeria, che dovrebbe avvenire già durante la prossima estate, in occasione del periodico meeting del blocco dominato da Russia e Cina.
La polveriera tunisina
Deriva dei continenti? La stessa intenzione sembra provenire da alcuni ambienti politici della turbolenta Tunisia, impegnata in questo momento soprattutto ad evitare il default economico finanziario ed il collasso istituzionale dello Stato.
Mentre la trattativa per un prestito di circa 1,9 miliardi di dollari da parte del Fondo monetario internazionale sembra arenarsi, si rincorrono nei palazzi del potere alcune voci secondo le quali la Tunisia starebbe manifestando il medesimo orientamento del vicino algerino. Tali voci prendono però le mosse dalle dichiarazioni rilasciate dal leader del Movimento 25 luglio, partito politico che attualmente appoggia il Presidente Saied. Ma poiché a tali esternazioni non sono seguite prese di posizione da parte di esponenti governativi, tutto ciò sembra essere più che altro una tattica negoziale da utilizzare nei confronti dell’Occidente.
Deriva dei continenti: l’Egitto come perno strategico
Nello scorso febbraio il Parlamento egiziano ha ratificato un decreto governativo che permetterebbe al paese di aderire alla NBD, la Nuova Banca di Sviluppo orchestrata dal gruppo dei Brics.
Dal punto di vista del governo egiziano tale passo potrebbe rappresentare un modo per ridurre la dipendenza dalle istituzioni finanziarie internazionali, nate sotto l’egida del dollaro.
A tal riguardo, infatti, Il vicepresidente del Comitato Economico della Camera dei rappresentanti, Mohamed Abdel-Hamid, così dichiarava: “L’Egitto avrà così la possibilità di alleggerire la pressione di dover trovare dollari per far fronte alle importazioni, perché i membri della nuova Banca dei BRICS potranno utilizzare le loro valute nazionali”.
L’avvicinamento egiziano ai Brics, pertanto, da problema squisitamente geopolitico diviene anche questione geo-economica che, per un paese di cento milioni di abitanti cui è demandato il controllo dello strategico Stretto di Suez, non è cosa da poco.
Dove va il Nord Africa?
L’interrogativo è d’obbligo se si considera quanto sopra illustrato per quanto riguarda la situazione delle relazioni internazionali di Algeria ed Egitto, i due giganti del Nord Africa. Se a tale duetto volessimo aggiungere il turbolento contesto libico, che vede l’ingombrante presenza di Russia e Turchia con forze militari e para-militari sul terreno, il quadro generale si farebbe preoccupante per l’Italia. Roma si trova ad assistere, infatti ad una lenta, ma progressiva traslazione geopolitica della sponda sud del Mediterraneo verso un baricentro non amico dell’Occidente.
Nello scontro globale in atto tra “the west” e “the rest”, le fila di questo secondo blocco, seppure molto frastagliato e disomogeneo, sembrano ingrossarsi sempre di più.
La guerra al dollaro
Dietro l’attivismo del blocco Brics, appare evidente il tentativo di sfidare il sistema finanziario internazionale dominato dal dollaro. Tutti i membri dei Brics hanno adottato misure per de-dollarizzare l’economia e aumentare la loro autonomia nel sistema finanziario globale. La pandemia da COVID-19 e la guerra russa in Ucraina hanno offerto ai Brics l’opportunità di sperimentare la costruzione di un paniere di valute in qualche misura legato alle commodities, come era il dollaro USA fino al 1931, quando venne abbandonato il gold standard. Non è ancora chiaro se i membri dei BRICS abbiano la capacità di trasferire le riserve estere per sviluppare questa nuova sfera di influenza. Se la de-dollarizzazione è un interesse politico condiviso, il ruolo del dollaro nel commercio internazionale potrebbe rendere l’affrancamento dalla moneta USA una possibilità ancora remota.
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