La stipula del contratto di lavoro subordinato comporta il sorgere di una serie di diritti e doveri in capo al dipendente e al datore di lavoro. Non solo, quelli principali come prestare la propria attività lavorativa e in cambio ricevere lo stipendio. La legge prevede, infatti, tutta una serie di obblighi accessori per le parti necessari per garantire il corretto svolgimento del rapporto di lavoro.
È noto come il contratto di lavoro subordinato preveda, obbligatoriamente, un certo numero di giorni di ferie e di malattia. Il lavoratore ha, cioè, diritto di assentarsi dal lavoro, in questi casi, continuando a ricevere lo stipendio. Due diritti fondamentali questi, tanto da essere irrinunciabili. Se il dipendente non dovesse godere delle ferie, è possibile che queste scadano. Non è possibile godere delle ferie già maturate all’infinito. Dunque, se il lavoratore non le utilizza, il suo responsabile gli riconosce un’indennità.
La correttezza e la buona fede
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Il codice civile sottolinea come in tutti i contratti, compreso quello di lavoro, valgano i principi di correttezza e buona fede degli articoli 1175 e 1375. Dunque, denuncia e licenziamento immediato per il lavoratore che, nel godere dei diritti che la legge gli riconosce, ne abusa. In particolare, viola i principi di correttezza e buona fede che regolano il rapporto di lavoro.
Lo ha ricordato la Corte di Cassazione con l’ordinanza 26709 del 2021. Il caso riguardava un lavoratore che in malattia intraprendeva un’altra attività. Il datore di lavoro, accortosi del comportamento, licenziava immediatamente il lavoratore. Come ricorda la Corte, non esiste una norma che vieti di lavorare in malattia. Questa regola, però, va ricavata dai principi di correttezza e buona fede sopra ricordati.
Denuncia e licenziamento immediato per il lavoratore che abusa di questo diritto che la legge gli riconosce
Infatti, la Corte di Cassazione ha già spiegato che è possibile lavorare in malattia solo al ricorrere di ben precise condizioni. In particolare, queste sono due. La prima è che l’attività lavorativa svolta sia compatibile con lo stato di malattia. La seconda è che l’attività svolta in malattia non sia pesante per il lavoratore, determinando un prolungamento del periodo di guarigione. È possibile, cioè, che il lavoro svolto dal dipendente in malattia sia leggero e non impatti sul suo stato di salute. In assenza di una norma che regoli la vicenda, tale attività deve considerarsi legittima guardando al principio di correttezza.
Se, invece, l’attività svolta dal dipendente in malattia contraddice palesemente lo stato di malattia? Oppure è talmente pesante da ritardare la guarigione? Allora, sempre alla luce del principio di buona fede, deve ritenersi illegittima e il datore di lavoro può denunciare e licenziare immediatamente il dipendente.
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