A rendere tutto più difficile è il dato da cui partire: c’è il rischio che lo stadio iniziale di questa patologia è una condizione che si presenta senza sintomi o con spie che possono essere fraintese. La buona notizia è che le percentuali di degenerazione non sono così elevate. Ma soprattutto va contrastata, lavorando il più possibile con uno stile di vita che diventi un’adeguata forma di prevenzione.
Problema molto diffuso
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Per analizzare il problema, però, è meglio andare per gradi. Si può, in particolare, partire da quella che è una tesi esposta dall’American Heart Association. Nell’ambito di una ricerca sul rischio cardiovascolare, i ricercatori hanno evidenziato come un adulto su quattro debba fare i conti con un accumulo di grasso nel fegato.
Nella ricerca americana viene indicata come “malattia del fegato non alcolica” attraverso la sigla (Nafld). In Italia, invece, con il termine medico steatosi epatica non alcolica. Secondo Humanitas il dato in Italia salirebbe fino ad un italiano su 3.
Quella della steatosi è una condizione che spesso rimane asintomatica o quasi, ma che – come riporta l’Humanitas – può evolversi in maniera negativa fino alla steatoepatite (Nash), provocando infiammazione o cirrosi
Fegato grasso: senza sintomi o quasi
La steatosi, dunque, è la condizione asintomatica che può fare da apripista alla sua evoluzione: la steatoepatite non alcolica.
Tra i pochi segnali che possono esserci della steatosi c’è un dolore temporaneo e transitorio nel lato destro superiore della pancia, che spesso viene associato ad altri problemi.
Affinché si possa parlare di condizione di fegato grasso è necessario che il peso dei grassi accumulati sia superiore al 5% del totale dello stesso fegato. Si tratta di uno status più facilmente riscontrabile nelle fasce di età che hanno tra i 40 e i 60 anni. Ma non si può escludere nelle classi anagrafiche più giovani.
Spesso la scoperta di avere il fegato grasso avviene nell’ambito di un’ecografia all’addome effettuata per altri motivi. Segnali, tuttavia, possono arrivare anche dagli esami del sangue con riferimento a diversi enzimi come Got e Gpt. Generalmente queste sono spie che inducono il medico a segnalare chiedere un’ecografia addominale.
Debolezza, dolori addominali, stanchezza, nausea e altri sintomi potrebbero rivelare che è in corso questa particolare situazione clinica
Non è difficile, in base alle indicazioni mediche, stabilire cause ed origine della steatosi. In genere si tratta di condotte alimentari squilibrate in favore di grandi quantità di grassi con associato il sovrappeso dei soggetti, così come alta presenza di trigliceridi e colesterolo nel sangue. Tra gli altri fattori di rischio da citare: il diabete di tipo 2, l’uso di alcuni farmaci, l’anemia, la carenza di tipo 2, digiuni per lunghi periodo e perdite di peso troppo rapide.
Il metodo migliore per prevenirlo è seguire una dieta equilibrata evitando di consumare troppi grassi e magari facendo attività fisica. Lavorare contro la steatosi epatica equivale ad allontanare il rischio di steatoepatite non alcolica.
Debolezza, dolori addominali, stanchezza, nausea e altri sintomi potrebbero essere invece le spie che indicano la presenza di questa patologia. Questa nei casi gravi può portare ad insufficienza epatica ed encefalopatia epatica. Ma si tratta degli scenari peggiori che, ovviamente, non sono frequenti e che possono essere evitati partendo da controlli generici di routine e stili di vita sani.
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