Siamo ad agosto e i flussi migratori sono ripresi con i normali ritmi di sempre, nonsotante la pandemia. Ma da dove vengono i migranti presenti in Italia? Sono davvero così tanti? Spoiler: no. E non vogliono nemmeno venire qui, in realtà.
Considerando che il dibattito politico negli ultimi giorni ha riacceso la questione, forse è il caso di fare un pò di chiarezza.
Gli accordi con la Turchia
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Cominciamo col dire che i migranti che arrivano via mare con i barconi non sono gli unici. Esistono altre vie per l’Italia, come ad esempio il confine con la Slovenia. Il flusso via terra è notevolmente inferiore rispetto a quello via mare, per via degli accordi del 2016 tra UE e Turchia. In pratica, la Turchia si impegnava a recuperare e contenere tutti i migranti che cercavano di raggiungere il confine UE passando per il territorio turco. Dietro pagamento, ovviamente.
I soprusi sui migranti perpetrati dal governo Erdogan sono stati denunciati da numerose ONG di livello internazionale, come Amnesty International, e persino dall’UNHCR.
Da dove vengono i migranti presenti in Italia: la rotta mediterranea
La rotta mediterranea è di fatto quella più conosciuta. Parliamo del tratto di mare che separa la costa libica dalla Sicilia, in particolare l’isola di Lampedusa.
Nel marzo 2017, l’allora ministro Minniti stringe un accordo con il Primo Ministro libico Fayez al-Sarraj. L’accordo prevede dei finanziamenti economici, fornitura di materiali e addestramento della guardia costiera libica, al fine di fermare le partenze da Tripoli verso Lampedusa. Il governo al-Sarraj ha dunque istituito quelli che passeranno alla storia come i lager libici. Veri e propri centri di detenzione dove, indipendentemente dall’età o dal genere, i migranti vengono tuttora torturati, stuprati e spesso uccisi. Il tutto, mentre imperversa la guerra civile e dal cielo piovono bombe.
Ma da dove vengono i migranti presenti in Italia? Non dall’Africa. La maggior parte sono europei. Quelli che arrivano dall’Africa sono meno della metà degli immigrati europei. Tra quelli che sbarcano a Lampedusa, molti vengono dalle zone più povere e/o pericolose dell’Africa. Non hanno un’alta scolarizzazione e scappano da fame, siccità, guerre tribali e persecuzioni. Scelgono di intraprendere questa pericolosissima strada verso l’ignoto, poiché rimanere a casa significa morte certa.
Non rimangono a casa loro, perché casa loro è un inferno. Secoli di colonizzazione e sfruttamento delle risorse naturali hanno creato questa situazione. Ora, l’inquinamento atmosferico sta modificando anche il clima e gli effetti si stanno abbattendo per primi sulle popolazioni più povere. Nell’estate 2019, il nord dell’India ha raggiunto e superato i 50° per settimane, costringendo tantissimi a fuggire verso zone più temperate. Questo ha provocato un’ondata di rifugiati climatici non indifferente.
Quanti sono gli immigrati in Italia?
Pochi. Senza troppi giri di parole. Secondo i dati Istat 2018, circa l’8,5% della popolazione italiana. Ma non sono tutti extra UE. Il 51% sono cittadini europei, circa 2.6 milioni di persone. Il 21% viene dall’Asia e il 7% dalle Americhe. Solo 1.1 milione proviene dall’Africa.
In Austria, sono quasi il 16% della popolazione. In Germania il 12%. Questo perché di base i miganti non vogliono venire in Italia. Vogliono andare in nord Europa. Devono passare per forza in Italia però. E Tunisi è il punto più vicino.
Alcuni passano anche per la Spagna, ma vi basterà prendere una mappa geografica dell’Europa per capire che la via più breve passa da noi.
Perché rimangono qui quindi? Presto detto. Rimangono incastrati. Secondo il Regolamento di Dublino, il primo Paese dove approdano, è quello incaricato a fornire i documenti necessari per spostarsi all’interno dell’UE. Se avete mai provato l’ebrezza di confrontarvi con la burocrazia italiana, saprete che questo non è esattamente facilissimo. Immaginate ora di dover fare tutta la trafila in una lingua a voi sconosciuta.
L’Italia, insomma, è rimasta un po’ fregata da questo accordo, approvato dal governo Berlusconi II nel 2003 e confermato dal governo Letta nel 2013. Da allora sono stati fatti alcuni tentativi di modifica in Parlamento europeo, ma hanno incontrato il no secco dei nazionalisti ungheresi, polacchi e perfino dei leghisti di casa nostra.
Ecco dunque spiegato come mai ci ritroviamo in questa situazione.