La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 6386 del 25/02/2022, ha chiarito alcuni rilevanti aspetti in tema di sponsorizzazioni. Nella specie, la società ricorreva avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale, che ne aveva rigettato l’appello. Il contenzioso riguardava, in particolare, il recupero a tassazione di costi indeducibili per difetto d’inerenza.
Costituiscono spese di sponsorizzazione quelle che mirano ad accrescere il prestigio dell’impresa. Studiamo il caso.
I giudici avevano confermato la sentenza impugnata, e rigettato l’appello dell’ufficio, con riferimento alle spese per sponsorizzazione. Per la CTR (e prima ancora per la Commissione Tributaria Provinciale) tali spese erano infatti state effettivamente sostenute ed erano inerenti all’attività sociale. Con ricorso incidentale l’Agenzia censurava allora la sentenza nella parte in cui aveva riconosciuto la deducibilità dei costi di sponsorizzazione. E questo nonostante che la contribuente, cui spettava il relativo onere, non avesse dimostrato l’inerenza di tali spese all’attività d’impresa. Del resto, secondo l’Amministrazione, non vi era correlazione tra l’oggetto sociale della società (smaltimento dei rifiuti) e la sponsorizzazione delle squadre di calcio.
La decisione
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Secondo la Suprema Corte la censura sollevata dall’Agenzia delle Entrate non era fondata. Evidenziano i giudici che costituiscono spese di sponsorizzazione quelle che mirano ad accrescere il prestigio dell’impresa. Sono invece classificabili quali spese pubblicitarie quelle sostenute per la realizzazione di iniziative volte alla pubblicizzazione di prodotti, marchi e servizi, o comunque dell’attività svolta.
Costituiscono spese di sponsorizzazione quelle che mirano ad accrescere il prestigio dell’impresa
E solo le spese di rappresentanza sono deducibili, nei limiti previsti dall’art.108, comma 2, del Tuir.
Conclusioni
In conclusione, il criterio discretivo tra spese di rappresentanza e spese di pubblicità va individuato negli obiettivi perseguiti. Le prime sono sostenute per accrescere il prestigio dell’impresa, senza dar luogo ad un’aspettativa di incremento delle vendite, se non in via mediata e indiretta. Le seconde hanno invece una diretta finalità promozionale di prodotti e servizi commercializzati, in modo da incrementare le relative vendite. L’Agenzia confondeva quindi le spese di sponsorizzazione delle squadre di calcio con le spese di pubblicità. E sosteneva (erroneamente) che il “messaggio pubblicitario”, in quanto indirizzato ad un pubblico estraneo all’attività della contribuente, era inidoneo a realizzare l’incremento dei ricavi.
Ma, come detto, non esiste un collegamento (diretto) tra spese di sponsorizzazione e aspettativa dell’incremento dei ricavi. L’obiettivo, anche strategico, dello sponsor consiste infatti, essenzialmente, nella crescita della propria immagine commerciale e del prestigio del marchio. Le spese in questione erano dunque “inerenti” all’attività d’impresa, e perciò deducibili.