Cos’è il sistema contributivo delle pensioni e come si calcola

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Talvolta deleghiamo alcuni aspetti fondamentali della nostra vita lavorativa ad altri. Come se non fosse di primaria importanza comprendere il funzionamento del meccanismo che regola quanto ci spetterà alla fine del periodo lavorativo. Avere una pensione dignitosa è una speranza e un obiettivo di molti. Non possiamo delegarne la comprensione ad altri. Fossero anche il nostro commercialista oppure un consulente finanziario che segue i nostri risparmi. Soprattutto, comprenderne l’andamento può aiutarci in alcune scelte economicamente di rilievo. Potremmo ad esempio decidere di dedurre una parte consistente (fino 2200 euro all’anno) di spese per realizzare un investimento importante.

Come forse sapremo, attualmente, per le pensioni in Italia vige un sistema cosiddetto contributivo tramite il quale si calcola l’entità della nostra pensione. Così ecco cos’è il sistema contributivo delle pensioni e come si determina in pochi passi.

Un cambio epocale

Come forse sapremo fino al 1995 i lavoratori hanno calcolato l’importo della propria pensione utilizzando un metodo cosiddetto retributivo. In pratica, l’entità della pensione si calcolava utilizzando come punto di riferimento la media delle ultime retribuzioni. Questo però poteva dare adito ad alcuni paradossi, come quelli legati a pochi anni con alta retribuzione. Dalla Legge Dini (legge 335/1995) invece l’entità della pensione deriva dal complessivo quantitativo di contributi versati durante tutta l’epoca lavorativa. Ciò significa che proporzionalmente diviene meno importante la media delle ultime retribuzioni in favore della carriera complessiva.

La somma ricevuta come pensione è variabile in base al tipo di impiego (lavoratore dipendente, pubblico, autonomo o gestione separata). Ad esempio, per il lavoratore dipendente la proporzione da applicare (cosiddetta aliquota di computo) corrisponde al 33% della retribuzione annua complessiva. Per il lavoratore autonomo sarà del 24%. Sarà invece una cifra variabile tra queste due percentuali per gli iscritti alla gestione separata INPS.

La cifra ottenuta non è quella definitiva. Occorre infatti poi calcolarne l’incremento relativo alla rivalutazione monetaria. Questa è parametrata sulla variazione quinquennale del Prodotto Interno Lordo e sull’inflazione. È dunque impossibile da predeterminare precedentemente, sebbene costantemente collegata alla situazione economica del Paese.

La cifra risultante è detta montante contributivo. Dovrà infine essere moltiplicata per un coefficiente diverso per ciascuno di noi. Infatti, è data dall’età di pensionamento del contribuente. Tanto più è avanzata nel tempo, tanto maggiore sarà il coefficiente da moltiplicare. E dunque la quota complessiva ottenuta. Questa viene nominata coefficiente di trasformazione. Ammonta, ad esempio per il 2022, al 5,575% per chi va in pensione a 67 anni. Scende al 5,220% per quanti invece vanno in pensione a 65 anni.

Cos’è il sistema contributivo delle pensioni e come si calcola

Il calcolo della pensione che ci spetterà è dunque preventivamente calcolabile per una parte della sua entità. La parte non conoscibile è infatti relativa ad un dato economico non totalmente certo (la rivalutazione) ma pur sempre collegabile alla situazione economica del Paese. In base alla nostra retribuzione, dunque, possiamo farci un’idea di quanto il sistema contributivo ci permetterà di ricevere rispetto a quanto finora abbiamo già versato.

Chiaramente queste considerazioni valgono per quanti hanno visto impiegato esclusivamente il sistema contributivo. Ovvero, per quanti hanno iniziato a percepire buste paga a partire dal 1° gennaio 1996. Per tutti gli altri occorre applicare un sistema misto. Per quanti cioè avevano almeno 18 anni di contributi versati al 31 dicembre 1995, si calcolerà l’importo con il sistema retributivo fino al 31 dicembre 2011. Invece, per quanti ancora non avevano 18 anni di contributi, il sistema misto avrà come spartiacque l’inizio dell’anno 1996.

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