Cosa deve fare il Governo per risolvere la crisi economica? Forse non mancheremo di rispetto nel dire che l’incertezza regna sovrana anche da loro. Non per mancanza di competenza – è questo un giudizio che esula dalle nostre prerogative – ma per almeno due precise ragioni. Una, che l’emergenza Covid-19 si presenta col nome di “influenza” ma ha invece la natura e l’anima dello tsunami. La seconda è che non vi sono ricette facili o dalla soluzione magica. Non è bello imporre ai propri cittadini di stare a casa H24 . Così come parimenti non vi sono fascicoli da spulciare e da cui estrarre l’algoritmo magico.
L’esempio della Francia
Cosa deve fare il Governo per risolvere la crisi economica? Sappiamo che dopo la Cina il Covid-19 ha fatto visita (peraltro sgradita) al nostro Paese. Quella che si pensava essere una “faccenda Lombarda” in 3 settimane è divenuta la quotidianità europea. Una sorta di replay nel tempo e nello spazio di quello che ha sperimentato in primis Codogno. Che si è replicata, ad esempio, anche tra i cugini francesi. E che ci hanno “copiato” pure nell’assalto alla diligenza, ovvero ai mitici treni TGV, ieri vanto d’Oltralpe e oggi scialuppe di salvataggio. Corsi e ricorsi. Il ministro dell’Economia francese Bruno Le Maire, ha parlato di «guerra economica e finanziaria che durerà nel tempo. […]
E che richiederà di mobilitare tutte le nostre forze». Ha così annunciato un piano di sostegno da 45 mld di euro per imprese e lavoratori. Quasi il doppio rispetto ai nostri 25 mld stanziati ieri da Conte nel decreto Cara Italia (LINK ESTERNO:). Per adesso in Francia le stime parlano di una recessione 2020 dell’1% sul Pil, ma dicembre è lontano e le cifre potrebbero anche peggiorare. C’è tuttavia una faccenda che merita tutta la nostra attenzione, e riguarda la nazionalizzazione delle società francesi.
Il su citato Ministro non ha nascosto che la Francia è pronta a ricorrere a tale misura «se necessario. Non esiterò a utilizzare tutti i mezzi a mia disposizione per proteggere le grandi aziende francesi». La misura è tutt’altro che irrilevante e riguarda non solo gli appassionati di finanza ma anche la famigerata massaia di Voghera. Perché se le aziende del mio Paese quotate in Borsa – e quindi scalabili secondo il diritto! – crollano in Borsa, diventano facili prede altrui. Tutt’altro che fantascienza.
E delle nostre blue chip?
Cosa deve fare il Governo per risolvere la crisi economica? Non spetta a noi dare risposte. Ma magari cercare di proporre temi di discussione sull’argomento, anche per il nostro legislatore nazionale. Perché se ad esempio i nostri emblemi aziendali che hanno segnato la storia del Paese passassero in mani stranieri sarebbe un dramma. Per tutti. Perché verosimilmente una parte delle aziende acquisite sarebbero o smembrate (il c.d. spezzatino), o ri-cedute, o de localizzate all’estero. Non a tutte, ma al grosso di esse il destino sarebbe segnato.
E, ancora, di mezzo ne andrebbero i destini delle famiglie italiane che in esse vi lavorano. Lavorando noi adesso di fantasia, pensiamo se le nostre banche facessero la fine di BNL (oggi proprietà dei francesi) dati i prezzi “ridicoli” delle loro quotazioni di questi giorni. O se la FCA la comprassero gli indiani. Oppure se Leonardo divenisse proprietà del fondo norvegese; o Eni (MIL:ENI) l’acquisissero i fondi arabi; etc. quanti posti lavoro taglierebbero? Quanta tecnologia produttiva ed aziendale ci copierebbero (o peggio ancora: ruberebbero?) Il ministro Le Maire ha ipotizzato che «si può passare attraverso la capitalizzazione o un investimento azionario. Posso anche usare il termine nazionalizzazione se necessario». Insomma, misure forti per tempi forti. Alla bisogna.