Coronavirus e affitti immobiliari: un riepilogo della situazione

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L’emergenza coronavirus sta mettendo in serie difficoltà il mercato immobiliare. La circostanza riguarda tanto le case in vendita quanto quelle che erano già poste in affitto nell’era pre-Covid-19. In buona sostanza il mercato immobiliare è in balia degli eventi e fino a quando le cose non si sbloccheranno ci si trascinerà nei migliori dei modi possibili. Solo il diradare della nebbia consentirà al mercato immobiliare di tornerà al suo normale regime. In queste righe concentriamoci su coronavirus e affitti immobiliari, un riepilogo della situazione calza proprio a pennello.

Il punto di partenza dei “gravi motivi”

Tutto nasce dalla situazione di stallo dell’economia che non consente a molti percettori di reddito (autonomi e liberi professionisti) ed affittuari di assolvere alle spese mensili. Affitto incluso. Come superare simili fasi d’impasse finanziaria? In linea di principio nel nostro ordinamento non esiste una norma che permette al conduttore di ottenere la riduzione del canone di locazione, ancorché si verifichino eventi straordinari. Tuttavia l’art. 1467 del Codice civile contempla la c.d. causa di forza maggiore quale ratio per chiedere la risoluzione del contratto.

La risoluzione del contratto

In questo stallo da lockdown vediamo come coronavirus e affitti immobiliari, un riepilogo della situazione possa o meno aiutare le parti in causa. Abbiamo visto che in sostanza deve verificarsi un evento straordinario e fuori dal controllo delle parti e tale da tradursi in un aumento spropositato della prestazione. Esso autorizza quindi il conduttore a chiederne la risoluzione. L’importante è che l’evento terzo, esterno, possa qualificarsi come imprevedibile e successivo alla firma del rapporto. Quindi laddove un conduttore volesse ricorrere all’applicazione di questa norma, gli basta fornire la prove che l’emergenza in corso gli ha arrecato un forte danno economico. Si pensi a quelle attività che non producono da due mesi e che almeno a stretto giro non vedono vie d’uscita. O che comunque ne abbia devastato la struttura patrimoniale aziendale, tale da rendere non rendere più sostenibile il pagamento dell’affitto. E quindi rendere impossibile l’ulteriore utilizzo dell’immobile oggetto del contratto.

Ammesse le rinegoziazioni

Il legislatore ha consentito poi (con l’ultimo decreto di aprile) che le parti possano raggiungere un accordo e procedere alla rinegoziazione del canone. E quindi procedere alla stesura di uno nuovo, in sostituzione del vecchio contratto. È una misura conveniente? Sicuramente sì, per tutti e tre i soggetti coinvolti:

  • per il proprietario, che non perde il conduttore che di sicuro “non sostituirebbe” a stretto giro.
  • Per l’affittuario, che farebbe salva la localizzazione originaria. È molto importante in ottica avviamento, periodo di lockdown (https://it.wikipedia.org/wiki/Lockdown_(TNA)), azzeramento dei costi relativi alla ricerca, sistemazione e messa a produzione di un nuovo immobile.
  • Per l’Erario, che si garantirebbe il normale gettito, anche se “a sconto”.

Coronavirus e affitti immobiliari: un riepilogo della situazione

Un’altra possibile soluzione può ravvisarsi nel posticipo del pagamento dei canoni d’affitto. Lo contempla l’art. 91 del decreto legge 18/2020, che prevede appunto il caso Covid-19. In tale fattispecie il conduttore può sospendere i pagamenti senza che ciò costituisca motivo che porti alla richiesta di decadenza del contratto. O alla richiesta di applicazione degli interessi di mora.

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