Tra le forme di investimento che il mercato offe al risparmiatore incontriamo anche il fondo comune d’investimento (FCI). Si tratta di una formula commerciale alquanto semplice e pratica che riunisce in sé molti aspetti positivi. Lo confermano indirettamente i numeri, ossia il capitale investito in questi strumenti finanziari.
Vediamo allora quando conviene investire nel fondo comune di investimento e quando uscire dallo stesso, ossia liquidare le quote.
In cosa consistono i fondi comuni di investimento
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Si tratta di strumenti finanziari che danno modo al piccolo risparmiatore di partecipare a un patrimonio collettivo più grande. Cioè gli Organismi di Investimento Collettivo del Risparmio (OICR) raccolgono la liquidità in un unico fondo e lo investono per conto dei clienti. La gestione del patrimonio avviene in maniera unitaria, cioè a nome di tutti i risparmiatori titolari delle quote del fondo.
Il patrimonio comune viene gestito da analisti finanziari esperti e iscritti all’Albo. Essi investono le masse raccolte secondo le linee indicate nello Statuto e/o Regolamento del fondo, che spesso punta a non fare peggio di un dato benchmark di riferimento.
Si tratta di un parametro usato per misurare le perfomance di rendimento del fondo rispetto a quelle del mercato su cui investono. Cioè l’operato e il rischio assunto dal gestore (e che ne giustifica i costi di fondo) è servito a fare meglio di quanto ha fatto il mercato di riferimento in sé? Visto in questi termini, il benchmark agisce anche come una sorta di giudizio indiretto all’operato del fondo.
Questa, peraltro, è anche la principale discriminante del FCI rispetto all’ETF. I quest’ultimo caso, infatti, il fondo replica.
Quanto si guadagna con i fondi comuni d’investimento?
La più classica delle domande del piccolo risparmiatore passa per il: “quanto si guadagna con questi strumenti?” Non esistono rendimenti prestabiliti, considerato che il guadagno finale dipenderà anche dall’attività nella quale investe il fondo.
Lo stesso principio che vale per chi investe in autonomia sui mercati finanziari. In genere il potenziale guadagno che si può ottenere in 10-15 anni su un indice azionario mondiale è superiore a quello di uno strumento del reddito fisso.
I fondi si classificano in base a diversi parametri come la durata, il livello del rischio, l’attività sottostante. Si parte dai fondi monetari (rischio quasi nullo), si passa a quelli obbligazionari e bilanciati (con grado di rischio variabile) e si approda ai fondi azionari, a rischio elevato. A loro volta ogni singolo fondo si distingue per la valuta, la strategia seguita, la durata, etc.
Conviene investire nel fondo comune di investimento e quando uscire dal fondo
Tra i principali vantaggi dello strumento ne citiamo 3 su tutti. Il primo è dato dalla possibilità di investire sui mercati anche con modesti livelli del capitale. Grazie alla singola quota, infatti, il risparmiatore ha modo di partecipare a un capitale molto più grande rispetto alle somme che dispone.
In secondo luogo il FCI, come pure l’ETF, coniuga a meraviglia l’obiettivo della diversificazione del capitale. Il patrimonio di un fondo riesce a investire in più azioni rispetto a quelle che potrebbe detenere un singolo risparmiatore.
Infine abbiamo la professionalità del gestore del fondo, considerato che il patrimonio viene messo nelle mai di esperti del settore.
Quando disinvestire?
Infine vediamo quando è il caso di uscire dal patrimonio del FCI: dopo 1 o 5 o 10 anni dall’ingresso? In verità non esiste una risposta univoca valida in senso assoluto.
Tutto dipende da caso a caso, e forse conta di più il momento dell’ingresso rispetto a quello dell’uscita. I mercati finanziari, infatti, vivono sempre di alti e bassi, cioè di forti salite e di forti discese. Ad esempio disinvestire nei momenti bui e di forte perdita toglie l’opportunità di recuperare negli anni a venire. Parimenti, non investire quando tutto crolla equivale a perdere l’occasione di entrare in dati mercati a prezzi molto vantaggiosi.
Più in generale, e nel caso di dubbio, gli esperti consigliano di uscire dal fondo riscattando le quote nel corso del tempo e non tutto in una volta. In pratica una sorta di PAC al contrario, al fine di ottimizzare anche il tempo dell’addio.
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