Si guarda spesso al Giappone per capire se il nostro stile di vita può essere migliorato. Considerato un popolo virtuoso quello dei giapponesi si sta adattando a tanti cambiamenti con cui migliorare lo stile di vita. Non sempre però i risultati sono ottimali.
Ha in media una qualità della vita accettabile ma in molti punti secondo le agenzie specializzate in rating il livello dei giapponesi è sotto la media europea e statunitense. Alcuni cambiamenti potrebbero migliorare la situazione lavorativa e del risparmio ma non la qualità della vita in generale. I giapponesi hanno un reddito medio che rimane sotto i 30 mila dollari degli Stati Uniti e di diversi Paesi europei. Più del 75% delle persone tra i 15 e i 65 ha un lavoro retribuito, i lavoratori dipendenti hanno orari di lavoro molto lunghi. Più dell’80% delle persone finisce il ciclo di istruzione secondaria superiore.
Eppure quando si tratta di risparmi anche i giapponesi vanno in difficoltà. Tra il bisogno di sollevare l’età pensionabile dai 65 anni fino ai 70 e i rendimenti bancari totalmente insoddisfacenti, i giapponesi hanno ritrovato un’antica abitudine per occuparsi al meglio dei propri risparmi. I tassi di interesse crollano e i giapponesi mettono i loro yen nel futon. Una imbottitura che fa da banca e che fa vivere loro sogni tranquilli.
Costi elevati
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Con quanti soldi sul conto vanno in pensione i giapponesi? Pochi, perché la fiducia nelle banche è ai minimi e nonostante gli anni di lavoro siano tanti il costo della vita non è basso. Gli affitti delle grandi città si aggirano sugli 800 euro, nei piccoli centri si aggira sui 500 euro. Le utenze costano 120 euro, il parcheggio 250 euro al mese. Poi c’è la benzina, il cibo, l’asilo nido.
Ma i giapponesi sono pragmatici e il motivo per cui gli yen finiscono dentro al materasso riguardano anche i controlli sempre più stringenti delle autorità verso i conti correnti. Il fisco ha assegnato a ogni contribuente un numero ed è facile rintracciare tutte le movimentazioni. Questo attacco alla privacy non è piaciuto alla popolazione che ha preferito reagire piuttosto che subire passivamente. Passivamente in passato avevano subito l’età pensionabile obbligatoria a 60 anni che portava i lavoratori a cercare un altro lavoro dopo essere stati costretti a lasciare quello di una vita. Soprattutto per i dipendenti pubblici. L’innalzamento dell’età pensionabile a 65 anni ha migliorato le cose ma è stato inevitabile per via dell’aumento dell’aspettativa di vita e dell’età media tra i più alti rispetto a tutti gli altri Paesi.
Con quanti soldi sul conto vanno in pensione i giapponesi e come risparmiano
Pochi soldi sul conto corrente ma molti sotto al futon. In ogni caso questo risultato è frutto di un’abilità nel risparmiare che ai giapponesi non è mai mancata. Questo grazie a pratiche imparate nell’antichità e valide ancora oggi. Come il Kakeibo. Consiste nel registrare con carta e penna entrate e uscite fisse del mese, mettendo un obiettivo realizzabile di risparmio e stabilendo un premio finale.
I giapponesi hanno creato 4 categorie che sono spese per la sopravvivenza, spese per la cultura, spese opzionali e spese extra. Alla fine del mese si pongono 4 domande. Quanti soldi hai? Quanti soldi vorresti risparmiare? Quanto stai spendendo? Come puoi migliorare? Il metodo mette insieme i conti veri e propri come un libro mastro insieme a una sorta di diario che contiene delle riflessioni. Questo serve per trovare le cause degli sprechi, avere ben chiare le cattive abitudini da eliminare, capire come fare meglio il mese successivo. Quando ci si riesce arriva il premio. Una cena, un acquisto speciale, un piccolo desiderio che si realizza. E il materasso continua a diventare sempre più soffice facendo dormire sogni d’oro.