Ormai s’è capito a chiare lettere che riformare il sistema pensionistico italiano dotandolo di nuove misure anticipate è quanto di più difficile il Governo Meloni è chiamato a fare. Le difficoltà di cassa, perché il Governo non ha soldi a sufficienza per varare misure favorevoli ai lavoratori. Ma anche i diktat europei con Bruxelles che è contraria ad aumentare la spesa pubblica cancellando la riforma Fornero e sostituendola con misure meno rigide di quelle attuali.
Ma dalla nota di aggiornamento del DEF (Documento di Economia e Finanza) i dati sulla crescita e sul PIL fanno ben sperare. Infatti la situazione è migliore di quella che si immaginava con una crescita stimata allo 0,9%, nettamente migliore dello 0,6% inizialmente previsto. Maggiori possibilità quindi per una riforma delle pensioni. Soprattutto alla luce del fatto che le misure che si ipotizzano sono piene di penalizzazioni per i lavoratori. Soprattutto perché si parla di una pensione a 64 anni di età con 20 anni di contributi versati, ma contributiva.
Con la riforma delle pensioni basteranno 20 anni di contributi ma con controindicazioni
Indice dei contenuti
Estendere la possibilità di uscire dal lavoro a 64 anni di età con 20 anni di contributi versati anche ai lavoratori che hanno iniziato la carriera prima del 1996 appare una soluzione ideale a rendere più flessibile il sistema pensionistico italiano. E senza gravare troppo sulle casse dello Stato. Oggi l’uscita a 64 anni di età con solo 20 anni di contributi versati è una misura destinata esclusivamente a chi rientra in pieno nel sistema contributivo.
Parliamo di lavoratori che hanno iniziato la carriera e quindi hanno il primo contributo versato dopo il 31 dicembre 1995. Per questi lavoratori l’uscita a 64 anni con 20 anni di contributi versati è ammessa a condizione che la propria pensione sia di importo pari o superiore a circa 1.410 euro al mese. Infatti la misura prevede un importo minimo della pensione pari a 2,8 volte l’assegno sociale. Con la riforma delle pensioni basteranno 20 anni di contributi a tutti? Al momento una ipotesi del genere a partire dai 64 anni di età è in via di discussione.
Tagli di assegno per le pensioni a 64 anni? ecco le novità
Possibile che dal 2024 si esca dal lavoro anche a 64 anni di età con una nuova misura. E non solo confermando la Quota 103. Perché questa misura ha 41 anni come carriera necessaria. La nuova misura partirebbe dai 20 anni di versamenti. Oggi la pensione anticipata contributiva per chi ha iniziato i versamenti prima del 1996 non si applica, limitando di fatto le uscite per questi contribuenti. Dal momento che si tratta di una pensione contributiva, l’estensione di questa misura anche a chi oggi non può sfruttarla sarebbe economico dal punto di vista della spesa pubblica.
Infatti il lavoratore interessato a questa nuova misura dovrebbe accettare di farsi calcolare la pensione esclusivamente con il sistema contributivo.
E questo, come accade alle lavoratrici con opzione donna, spesso si tradurrebbe in un taglio di assegno di oltre il 30%. A dire il vero, man mano che passano gli anni questi tagli perdono importanza, e questo forse è il limite che impedisce il varo della misura. Sono sempre meno i lavoratori che hanno 18 o più anni di contribuzione previdenziale versata già prima del 1996. Sono i lavoratori con carriere lunghe prima del 1996 i più penalizzati da misure che prevedono l’accettazione di un calcolo sfavorevole dell’assegno (la pensione contributiva è penalizzante rispetto alla retributiva come calcolo). Chi ha 18 o più anni di versamenti al 31 dicembre 1995 infatti può godere del calcolo contributivo fino al 31 dicembre 2011. Optando per la misura a 64 anni, se mai venisse varata, l’interessato dovrebbe rinunciare a questo suo diritto, perdendo una cospicua parte della pensione.