Ovviamente i patronati fanno dei calcoli grossolani, estratti conti contributivi alla mano. Lo stesso fa l’INPS. Ma nessuno certifica l’esatta cifra della pensione che si andrà a percepire una volta lasciato il lavoro. Una sorta di salto nel buio senza sapere di quanto si potrà disporre mensilmente. Di cui moltissimi lavoratori hanno paura perché, un conto è andare in pensione sapendo quello che sarà l’importo, un conto è andarci sapendo di prendere una cifra più bassa dello stipendio. Ma senza sapere più bassa di quanto. E allora come si calcola la pensione che spetta?
Il trattamento può dividersi in due quote
Indice dei contenuti
Dal 2012, con l’introduzione della Legge previdenziale Monti – Fornero il calcolo dell’assegno della pensione per tutti è con il calcolo pro rata contributivo. Ma mentre per alcuni questo sistema si applica a partire dal 1996 per altri si applica solo a partire dal 2012. E, quindi, la maggior parte delle pensioni liquidate oggi sono calcolate con due sistemi di calcolo: per una parte dei contributi si applica il vecchio sistema retributivo, per una parte il nuovo, quello contributivo.
Per molti è più conveniente il vecchio calcolo, per la maggioranza dei lavorativi se vogliamo dirla tutti. Ma per alcuni il sistema contributivo economicamente conviene. Quest’ultimo funziona più o meno come un salvadanaio: tanto versi e tanto ti rendo. Ma cerchiamo di capire come si calcola la pensione che andremo a prendere.
Quale sistema si applica?
Questa è sicuramente la parte più semplice:
- per chi ha iniziato a lavorare dopo il 1995 si applica solo il sistema contributivo;
- per chi ha almeno 18 anni di contributi versati al 31 dicembre 1995 si applica il sistema retributivo a tutto il 2011 ed il contributivo solo a partire dal 2012;
- per chi ha meno di 18 anni di contributi versati al 31 dicembre 1995 si applica il sistema retributivo a tutto il 1995 ed il contributivo solo a partire dal 1996.
Il calcolo con sistema contributivo
Il calcolo della pensione con il sistema contributivo prende in considerazione 2 elementi fondamentali:
- il montante contributivo (ovvero l’effettiva ammontare dei contributi, in euro, versati in tutta la vita lavorativa);
- l’età di accesso alla pensione.
Gli anni di contributi di cui tanto si parla, quindi, non servono tanto a calcolare l’importo della pensione, quando a stabilirne il diritto. Per il calcolo non importa che il lavoratore abbia prestato 20, 30 o 40 anni di servizio. Ma che abbia accumulato 200.000, 300.000 o 400.000 euro di contributi. Poiché sarà proprio a questo montante contributivo che si applicherà il coefficiente di trasformazione riferito all’età.
Come si fa a sapere quanti contributi si versano?
Per il lavoratore dipendente il datore di lavoro versa esattamente il 33% della retribuzione imponibile previdenziale.
Se, ad esempio, l’imponibile previdenziale (che si trova facilmente all’interno di ogni busta paga) è 1.930 euro, sappiamo che il datore di lavoro per quel mese ha versato 636 euro di contributi. Che in un anno, se lo stipendio è sempre uguale, sono 8.279 euro (si versano anche sulla tredicesima). Ovviamente se ci sono straordinari o voci che alzano lo stipendio i contributi da versare si alzano.
Nel sistema contributivo l’età è determinante
Nel sistema contributivo a determinare l’effettivo importo della pensione è anche l’età. Il sistema si basa sui coefficienti di trasformazioni dei numeri percentuali che salgono al salire dell’età. Si premia, di fatto, chi lascia il lavoro più tardi andando a penalizzare nel calcolo chi decide di lasciare il lavoro molto presto.
A parità di contributi, infatti, andare in pensione a 60 o 67 anni comporta una differenza abbastanza evidente sulla pensione. E proprio per questo il calcolo contributivo, legato alla Legge Fornero tenta di contenere la spesa pensionistica. Ma ci sono casi in cui, anche se con un assegno più basso, conviene l’anticipo.