E’ una bella domanda, vero? Come funziona la tassazione sui dividendi di fonte estera? Quanto sono tassati i dividendi percepiti da un soggetto residente in Italia arrivati da partecipazioni estere? Questa è una domanda la cui risposta è tutt’altro che semplice. La risposta cambia a seconda che il soggetto che li percepisce sia una persona fisica o una società. Il punto centrale è che a queste domande bisogna rispondere prima di andare a costituire all’estero una società. Perché è bene sapere fin dall’inizio come sono tassati i dividendi. Anche perché se ci si pone il problema soltanto a dividendo percepito, si rischia davvero di pagare una montagna di tasse. Che si potevano evitare.
Prima regola generale. Se si deve detenere una società all’estero, è molto meglio che la si detenga per il tramite di una società italiana. Quindi, la propria società operativa. O, ancor meglio, se la si ha, la propria holding. E’ meglio via società, dicevamo, che non come persona fisica. Per quale ragione? Perché se si detiene la partecipazione come persona fisica, subiremo una trattenuta all’estero. Trattenuta che è definita dalla convenzione contro le doppie imposizioni tra l’Italia e il paese nel quale deteniamo la partecipazione.
Non solo. Una volta che il dividendo arriva, soltanto in alcuni particolari casi quella tassazione subita all’estero sarà deducibile. Quella ritenuta sarà scalabile soltanto se il proprio dividendo percepito è assoggettabile ad IRPEF ordinaria. E non a imposta sostitutiva del 26%. Cosa vuol dire? Vuol dire che bisogna trovarsi in una posizione di socio qualificato a più del 20%. Vecchio regime, per di più. Perché d’ora in poi tutti i soci di SRL sono tassati sulla base del 26%. Indipendentemente dal fatto che siano soci qualificati o non qualificati.
Come funziona la tassazione sui dividendi di fonte estera?
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Ecco che quindi, nella maggioranza dei casi, quella ritenuta non è scalabile. E quindi, dopo aver pagato all’estero, si pagherà un 26% in Italia. Su cosa? Un’interpretazione più favorevole vuole che la tassazione sia sul cosiddetto netto frontiera. Ovvero io non tasso il dividendo complessivo, ma tasso il dividendo al netto della ritenuta subita all’estero. Una interpretazione più restrittiva vorrebbe un pagamento integrale anche sull’imposta pagata all’estero. Con il risultato che ci troveremmo una doppia tassazione… alla faccia delle convenzioni contro le doppie imposizioni!
Un po’ più favorevole è il discorso del dividendo intrasocietario. Quantomeno se siamo in un contesto europeo. Perché in quel caso trova applicazione la direttiva madre-figlia. Che prevede la detassazione totale nel paese che distribuisce il dividendo. Quindi il dividendo può circolare tra i Paesi senza ritenute. Ed allora il dividendo sarà tassato come fosse un dividendo interno. Sono comunque più favorevoli, generalmente, anche le convenzioni contro le doppie imposizioni su paesi fuori dall’Unione Europea.
Il punto centrale è che prima di andare a comprare partecipazioni estere, bisogna studiarsi bene il caso specifico del paese estero in cui si deve operare. Per capire se è prevista la direttiva madri-figli a livello europeo. E per capire cosa prevede la convenzione contro le doppie imposizioni. In ogni caso la regola generale è che è sempre meglio detenere partecipazioni con una società che non direttamente come persona fisica.