Purtroppo chi è fiscalmente residente in uno Stato, se realizza un reddito in uno Stato diverso, ad esempio tramite plusvalenze azionarie e/o dividendi, rischia di rientrare nella fattispecie della cosiddetta doppia imposizione fiscale.
Cosa significa è presto detto.
Come è facile intuire, significa, in linea di massima, che su quel reddito si devono pagare sia le imposte previste dallo Stato in cui si è fiscalmente residenti, sia quelle dello Stato in cui si è realizzato il reddito.
Ad esempio gli USA, se si sono acquistate azioni USA.
Va appunto precisato che questo vale in linea di massima.
Infatti esistono numerosi contratti bilaterali, sottoscritti dall’Italia con diversi Stati, per eliminare o attenuare la doppia imposizione fiscale, tra cui anche gli USA.
E quindi come funziona la doppia imposizione fiscale per chi, residente fiscalmente in Italia, opera sul mercato azionario USA?
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Il relativo trattato contro la doppia imposizione fiscale prevede una limitazione solo a favore di società.
In ogni caso i redditi prodotti negli USA sono tassati sia negli USA che in Italia, ma le società pagano una aliquota ridotta negli USA.
Ad esempio, sui dividendi che una società italiana percepisce da società USA, paga solo il 5 per cento a determinate condizioni.
Ma questa limitazione non vale negli altri casi, cioè per soggetti non costituiti da società.
Pertanto, se si tratta si persona fisica, non godrà di tale agevolazione fiscale e sui dividendi percepiti da società USA pagherà il 15 per cento al fisco statunitense.
Ma operativamente, quante tasse paga una persona fisica, fiscalmente residente in Italia?
Il calcolo è presto fatto.
In questo caso dobbiamo sommare l’imposizione fiscale USA a quella italiana.
Al fisco americano si pagherà il 15 per cento, come abbiamo detto.
A questa aliquota si aggiunge il 26 per cento sul restante 85 per cento, in quanto il fisco italiano non pretende, ovviamente, che si paghi anche sulla componente già corrisposta al fisco statunitense.
Pertanto si dovrà corrispondere al fisco italiano un altro 22,1 per cento, che corrisponde infatti al 26 per cento di 85.
Sommando quindi le due componenti avremo: 15 + 26,1, da cui una aliquota complessiva del 37,1 per cento.
Come gestire agevolmente la doppia imposizione?
Alcune piattaforme on line comprendono anche il servizio di sostituto d’imposta per il fisco americano.
Pertanto tratterranno quanto dovuto agli USA e restituiranno solo l’importo, al netto di tale imposizione.
Al contribuente italiano non resterà, quindi, che indicare nella dichiarazione dei redditi quanto residua, al netto della imposizione USA, e su tale importo dovrà corrispondere al fisco italiano il 26 per cento.
Oppure di tutte queste funzioni potrà essere incaricata una banca, o intermediario finanziario con cui si opera.
Occorre a tale proposito rimarcare che non tutte le banche e non tutti gli intermediari offrono tali servizi di gestione di investimenti esteri con annessi servizi fiscali.
Pertanto sarà opportuno informarsi bene se tali funzioni siano o meno ricomprese tra i servizi offerti.
L’alternativa, come si è detto, è quella di operare tramite piattaforme che svolgono anche la funzione di sostituto d’imposta per il fisco USA, ricordandosi poi di presentare la dichiarazione dei redditi, che deve riportare il reddito pari all’85% di quanto percepito.
E percentuale su cui poi si pagherà, come abbiamo detto, il 26 per cento.
Per tali funzioni ovviamente si potrà procedere personalmente o tramite commercialista.
Un’ultima avvertenza su come funziona la doppia imposizione fiscale per chi, residente fiscalmente in Italia, opera sul mercato azionario USA. Occorre naturalmente aggiornarsi sulle normative, in quanto potrebbero mutare sia le aliquote previste, che gli accordi sulla doppia imposizione.
A cura di Gian Piero Turletti, autore di “Magic Box“e “PLT“