È facoltà di qualsiasi contribuente italiano presentare ricorso contro una cartella esattoriale, un atto di accertamento o una multa. Lo prevede la normativa di salvaguardia che in Italia è applicata a qualsiasi tipo di contenzioso. Ma presentare ricorso non sempre rimanda il pagamento o almeno non sempre rinvia a data da destinarsi il versamento di tutto ciò che l’Agenzia delle Entrate richiede. Ci sono regole che molti non conoscono e che rischiano di farli precipitare nelle torbide acque delle azioni di esecuzione forzata, cioè pignoramenti e confische e senza nemmeno rendersene conto.
Come fare a non pagare la cartella esattoriale all’Agenzia delle Entrate presentando questo ricorso ed evitando di versare il 33% delle tasse
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Presentare ricorso alla Commissione Tributaria, che è l’organo competente in materia di contenziosi tra contribuenti e Fisco, è un diritto dei contribuenti. Ma questo diritto non può essere usato per temporeggiare e rinviare un eventuale pagamento. Questa prassi adottata dai furbetti, non funziona. Perché è la Legge che lo impedisce in maniera chiara e netta. Il problema è che molti sono all’oscuro di questo passaggio normativo che rischia di avere conseguenze assai gravi. Infatti il ricorso alla CTR non libera da tutto il pagamento il contribuente ricorrente. Colui che pensa di utilizzare il ricorso per sfruttare le lungaggini burocratiche anche della giustizia amministrativa e spostare di anni il pagamento, è sulla pista sbagliata.
Infatti deve pagare sempre il 33% delle somme richieste dall’accertamento fiscale, anche il contribuente che presenta ricorso alla Commissione Tributaria. Si tratta di una specie di anticipo che il contribuente pagherà all’Agenzia delle Entrate. Anticipo che nel caso i cui il contribuente vince il ricorso, sarà rimborsato. Il 33%, o meglio, 1/3 dell’atto di accertamento deve essere calcolato su imposte e interessi ma al netto delle sanzioni.
Cosa fare per non pagare nulla
Nel caso in cui il contribuente non paghi 1/3 delle somme richieste, queste potranno dare luogo a procedure di esecuzione forzata diventando a loro volta cartelle. Con il contribuente che potrebbe trovarsi a fare i conti con confische e pignoramenti anche credendo di aver risolto momentaneamente il problema con il ricorso. Ma esiste una via, sempre giudiziaria, che invece consente di evitare di pagare questo anticipo. Il ricorso deve essere corredato da una richiesta di salvaguardia, cioè dalla richiesta da presentare ad un Giudice, per bloccare tutto il pagamento eventualmente dovuto.
Servono le giuste motivazioni ed anche l’ok del Giudice stesso. Due sono i motivi per i quali il contribuente può avere diritto al congelamento intero dell’intera pretesa del Fisco. In primo luogo, il ricorso originario contro l’atto di accertamento iniziale deve evidenziare chiaramente che il contribuente ha buone ragioni per la richiesta di cancellazione dell’accertamento. Devono già essere evidenti eventuali vizi da parte dell’Agenzia delle Entrate sull’accertamento.
Il secondo motivo invece è personale. Il contribuente deve chiedere al Giudice di confermare che l’eventuale versamento di 1/3 del dovuto, pregiudicherebbe lo stesso contribuente. In pratica, deve essere evidente che tale pagamento, o per condizioni economiche o per questioni di attività lavorativa, comporterebbe una penalizzazione irrimediabile per il contribuente ricorrente.
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