Da qui a cinque anni la Lega che è guidata da Matteo Salvini punta ad estendere la flat tax al 15% anche ai lavoratori dipendenti. Così come ad oggi avviene per le cosiddette Partite IVA forfettarie che, sul reddito imponibile fino alla soglia di 65.000 euro di ricavi o di compensi, pagano la tassa piatta.
D’altronde, insieme alla pace fiscale, la tassa piatta sui redditi dei cittadini è uno dei cavalli di battaglia da parte del Carroccio. Ma ad oggi la Lega, anche se ha appoggiato il Governo Draghi, da questo fronte non ha ottenuto dei grossi risultati.
Anzi, per le piccole Partite IVA è arrivata, sopra i 25.000 euro di ricavi o di compensi annui, la stretta relativa all’obbligo della fatturazione elettronica. Un obbligo che, comunque, per i contribuenti forfettari era già previsto per le fatture verso la PA.
Come estendere la flat tax al 15% anche ai lavoratori dipendenti
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In più, a rilanciare la flat tax negli ultimi giorni, quelli che hanno aperto le danze per la campagna elettorale in vista delle elezioni politiche di settembre, è stato pure l’ex premier Silvio Berlusconi. Il leader di Forza Italia, dopo aver promesso le pensioni minime a 1.000 euro al mese per 13 mensilità, ha pure proposto la sua idea di tassa piatta.
Dov’è il problema
Precisamente, una flat tax al 23% per tutti. Tanto per i cittadini quanto per le imprese. E se su come estendere la flat tax al 15% anche ai lavoratori dipendenti il problema sta nelle coperture, con la tassa piatta al 23% proposta da Forza Italia le coperture finanziarie sarebbero quasi impossibili da trovare. In quanto si perderebbero, in termini di gettito, tutte le tasse ad oggi pagate da chi ha e da chi dichiara di possedere grossi patrimoni.
Perché il centrosinistra non è favorevole
Il centrosinistra, a partire dal PD, è invece contrario alla flat tax non perché non vorrebbe, ma perché non si può. Dato che salterebbero i conti pubblici. A meno che non si vadano a reperire queste ingenti risorse in altri settori chiave per la collettività attraverso i tagli. Dalla scuola alla sanità, passando per i trasporti.
Inoltre, far pagare a tutti e indistintamente il 23% di tasse significherebbe mandare in archivio il cosiddetto principio di progressività. Secondo cui, per il versamento delle tasse, chi ha di più dovrebbe sempre pagare di più. Così come c’è scritto nell’articolo numero 53 della Costituzione italiana proprio in materia di progressività e di capacità contributiva.
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