Il lessico è in continua evoluzione. Ogni anno il nostro patrimonio linguistico si arricchisce di termini che entrano pian piano nel linguaggio corrente. Può trattarsi di neologismi o di parole straniere d’uso comune.
Capita poi che questi termini diventino a tutti gli effetti membri della lingua italiana, riconosciuti ufficialmente da un lemma nel dizionario.
Come cambia la nostra lingua, l’umarell
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Basta tener d’occhio il dizionario per accorgerci di come cambia la nostra lingua. Tra le novità di quest’anno, per esempio, c’è la parola “umarell”.
Il sostantivo deriva da un termine in dialetto bolognese, la cui traduzione sarebbe “ometto”. Da oggi, però, indica univocamente il pensionato che sosta davanti a un cantiere e osserva in silenzio lo sviluppo dei lavori.
Dal 2021, sarà possibile trovare la sua definizione formale tra le pagine dello Zingarelli.
Il riconoscimento
Per quanto la notizia possa sembrare del tutto triviale, la figura dell’umarell ha un’interessante storia alle spalle.
Una prima idea di umarell ci viene data da niente di meno che Henri Cartier-Bresson. È del celebre fotografo francese l’opera risalente al 1932 intitolata “Belgium”. Lo scatto ritrae due uomini di Bruxelles intenti a osservare attraverso un telo frangivista i lavori di un cantiere.
Uno dei due uomini cerca di sbirciare tra il telo e il palo della recinzione. L’altro assume la tipica posa dell’umarell, con le mani dietro la schiena.
Una parola sempre più letteraria
Il primo a sdoganare il termine nella sua odierna accezione pare sia stato lo scrittore bolognese Danilo Masotti, in un post del febbraio 2005.
Da allora, il termine è stato sempre più usato. Masotti ha anche scritto un libro in cui spiega la genesi della figura, intitolato “Oltre il cantiere. Fenomenologia degli Umarells”.
Il cantautore Fabio Concato ha addirittura dedicato all’umarell un’omonima canzone, uscita nel 2020, grazie a cui ha recentemente vinto l’Ambrogino d’Oro.
Insomma, è probabile vedremo sempre più umarell: davanti ai cantieri o tra le righe di ciò che leggiamo.
Abbiamo visto, dunque, come cambia la nostra lingua: l’umarell entra nel vocabolario.