La voglia di mettersi in proprio è spesso in cima alla lista dei desideri di chi è stanco del lavoro alle dipendenze o ha un sogno nel cassetto da realizzare. In altre circostanze può trattarsi di chi, occupato o meno, si guarda intorno per capire se può sfruttare a suo vantaggio un dato bisogno del mercato.
Parimenti c’è chi ha un gruzzolo da parte e cerca un investimento imprenditoriale capace di garantirgli un buon ritorno. I manuali aziendali, infatti, ricordano che l’attività imprenditoriale è in fin dei conti (anche) un impiego di capitale che deve garantire un certo ROI (Return On Investment). Cioè un’alternativa all’investimento free risk capace di garantire un certo ritorno, una certa redditività sul capitale.
Fatte queste doverose premesse, vediamo allora come aprire un negozio di biancheria intima e merceria.
Primo dilemma: aprire in franchising o in autonomia?
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Il primo nodo da sciogliere riguarda la forma, ossia meglio aprire in franchising o in autonomia? Le due soluzioni hanno dei pro e dei contro.
Chi fa da sé spesso abbatte sia i costi di impianto (quelli pre-apertura) che di gestione. In sostanza si evitano le classiche fee di ingresso e/o royalty sul fatturato, assottigliando il capitolo dei costi dell’attività. Di contro si perde la forza del marchio, intesa come brand e visibilità, oltre alle competenze, al concept aziendale e alla pubblicità del gruppo.
Chi invece decide di abbracciare un dato marchio e quindi di affiliarsi, vede i pro e i contro di cui sopra invertiti.
Altrettanto importante è anche la tipologia di offerta che si vuole proporre al mercato. Ossia si vuol vendere brand di lusso o marchi più accessibili (per il cliente finale e il rivenditore)?
Gli step successivi: l’analisi di mercato, la localizzazione dello shop e il B.P.
Per dare forma all’idea ci vogliono tanti numeri e tante considerazioni oggettive, da cui dipenderà il vero successo o insuccesso dell’attività. Le carte, le autorizzazioni, le pratiche burocratiche sono importanti, oltre a togliere tanto tempo e tanti soldi. Tuttavia, a nostro avviso, esse vengono dopo 3 analisi cruciali e determinanti.
La prima è quella di mercato, ossia lo studio minuzioso e scevro di soggettività del mercato di riferimento. Com’è composto (età media, composizione per sesso, reddito medio, etc) la zona o l’area o il quartiere di riferimento? Buona parte degli acquisti di biancheria intima e merceria proviene dalle donne, specie se giovani e/o economicamente indipendenti. E così via con le altre considerazioni del caso.
Altrettanto importante è la ubicazione fisica del negozio. Ad esempio i franchisor chiedono agli affiliati determinati bacini di utenza. Ancora, aree a forte passaggio pedonale e/o grandi centri commerciali e/o aree molto urbanizzate. Tradotto, sono queste le aree da prediligere per chiunque, anche per chi apre in autonomia. Ha poco senso affittare un locale in estrema periferia solo per pagare meno di affitto.
Infine ecco il business plan, il documento che dovrebbe dire su carta come potrebbe girare l’attività. Per comprenderne l’importanza basta considerare che per avere un finanziamento pubblico e/o privato viene puntualmente chiesto il BP.
Ha senso avere un sito Internet tutto proprio?
A seguire troviamo la parte operativa e burocratica, ossia quella relativa all’allestimento vero e proprio dello shop. Quindi ecco la ricerca del locale commerciale, la sua predisposizione, l’allestimento e l’assortimento degli scaffali, la pubblicità, etc.
Parallelamente si procederà anche per le pratiche burocratiche, cioè l’insieme delle autorizzazioni varie che serviranno per procedere in vista dell’inaugurazione.
Una considerazione a parte la facciamo invece in merito all’eventuale sito Internet dell’attività. Ha senso averne uno e quando è realmente conveniente?
In un Mondo dominato dalla rete verrebbe spontaneo dire di sì, cioè che lo strumento è utile alla causa aziendale. Tuttavia, al netto di chi si propone di vendere solo e/o principalmente online poi potrebbe avere poco senso. Il web pullula di rivenditori online di intimo e merceria, per cui spesso sarebbe più utile puntare tutto sul negozio fisico e stop.
Come aprire un negozio di biancheria intima e merceria e coniugare auto imprenditorialità e ritorno economico sull’investimento
Infine vediamo l’ultimo dei dilemmi, ossia quanto capitale occorre per il mettersi in proprio in quest’ambito di attività. Non esiste risposta univoca, considerate le mille variabili che entrano in gioco. Il negozio sorgerà in città o in Provincia, sul corso principale o in un’area semi-periferica? Poi incide la superficie dello spazio commerciale, la sua predisposizione e l’allestimento della merce, le pratiche burocratiche (commercialista incluso), etc.
In sintesi possiamo dire che è molto difficile (o utopistico?) partire in autonomia con meno 30-40mila euro di capitale, specie se il locale non è di proprietà.
Il discorso non cambia per chi opta per il franchising, anzi in genere il budget di partenza richiesto è più alto. Un discorso vale specialmente per chi mira ad affiliarsi ai marchi più affermati sul mercato.