Negli ultimi decenni, il Legislatore ha manifestato il suo favor per la soluzione arbitrale delle controversie, perseguendo l’obiettivo della riduzione della devoluzione ai magistrati del contenzioso, privilegiando strumenti di risoluzione “stragiudiziale”, fra i quali, l’arbitrato (nelle sue vesti contemplate dal codice di rito, “rituale” ed “irrituale”).
Un freno a tale meccanismo si è registrato in relazione a tutti quei casi in cui il regolamento di competenza risulta esperito per sottrarre al controllo dello Stato i patrimoni confiscati alle associazioni mafiose.
Sul punto, va segnalata una recentissima sentenza della Suprema Corte: Cass. Civ. Sez. VI, 04.03.2021, n. 6068, che ha il pregio di risolvere la questione processuale sottoposta ad esame (regolamento di competenza), attraverso un excursus sulla natura giuridica dell’ arbitrato e della clausola compromissoria contenuta nello statuto di società, nonché sul disvalore delle associazioni di tipo mafioso.
In relazione a quest’ultimo profilo, il Giudice di nomofilachia osserva che la normativa vigente è preordinata a contrastare il fenomeno dell’associazione mafiosa, di cui all’articolo 416 bis c.p., a tutela dell’ordine pubblico economico e della libera concorrenza tra le imprese, tutelata dall’art. 41 della Costituzione. In tale prospettiva, nel coacervo di norme dirette a contrastare la criminalità organizzata, è previsto il sequestro preventivo dei beni e la confisca degli stessi.
Clausola compromissoria contenuta nello statuto di società sottoposta a sequestro preventivo e confisca dei beni
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Con particolare riguardo alla questione devoluta alla decisione della Corte, la confisca dei beni della società di stampo mafiosa era divenuta definitiva.
Il bene confiscato, nella specie: la quota rappresentativa dell’intero capitale sociale, nella confisca antimafia si trasferisce, ope legis, in proprietà dello Stato e viene gestito attraverso l’Anadc, Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata.
In altri termini, lo Stato non interviene quale “Privato” nella titolarità del diritto trasferito, bensì quale Autorità pubblica, preposta alla tutela dell’ordine pubblico economico. Tale circostanza vale ad escludere la manifestazione del consenso dello Stato, rispetto alla scelta di devolvere la controversia ad arbitri. Consenso che resta alla base dell’operatività della clausola compromissoria, contenuta nello statuto di una qualsiasi società.
La libera scelta delle parti
Secondo un consolidato orientamento ermeneutico, citato nella sentenza in commento, invero, il fondamento dell’arbitrato è da rinvenire nella libera scelta delle parti, poiché solo queste possono disporre del loro diritto di difesa, derogando alla normale competenza delle autorità giurisdizionali; In tal senso si è espressa anche la Corte Costituzionale, affermando l’illegittimità delle ipotesi di arbitrato aventi carattere meramente obbligatorio, che cioè impongono alle parti il ricorso all’arbitrato.
Per tale via, la Suprema Corte, riconosciuta la fondatezza del ricorso, in sede di regolamento di competenza, ha escluso l’operatività della clausola compromissoria statutaria, con riferimento all’azione di responsabilità promossa dallo Stato, ai sensi dell’art. 2476 c.c., quale socio unico di una Srl, a cui erano state confiscate tutte le partecipazioni societarie.
Concludiamo sulla questione relativa alla clausola compromissoria contenuta nello statuto di società sottoposta a sequestro preventivo e confisca dei beni.
La ratio sottesa a tale decisione è da rinvenire nella seguente massima di diritto: la deroga alla competenza dell’autorità giurisdizionale può operare solo a seguito di una scelta volontaria, esclusa, in caso di confisca, dall’ingresso in società dello Stato “ex lege”, per effetto di un acquisto a titolo originario.