Da anni ormai le pensioni per gli italiani sono collegate all’aspettativa di vita e man mano che cresce la vita media degli italiani si allontanano anche le pensioni. Parliamo naturalmente dei requisiti di accesso alle pensioni di vecchiaia e di quelle anticipate. Sono saliti i requisiti dell’età pensionabile e della contribuzione minima per le pensioni distaccate dai requisiti anagrafici. Un aumento che ha portato l’età pensionabile a 67 anni, e la contribuzione minima da versare per le pensioni anticipate a 42,10 anni di contributi versati per gli uomini e 41,10 per le donne. Non tutti però hanno pagato questo dazio, perché ci sono categorie di contribuenti che possono andare in pensione ancora con i requisiti precedenti l’ultimo scatto.
Pensioni e aspettativa di vita, l’ultimo scatto nel 2019
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Gli effetti dell’adeguamento dei requisiti previdenziali all’aspettativa di vita ormai dura da anni. Con il Decreto del 6 dicembre 2011, dal primo gennaio 2013 l’età pensionabile è salita di tre mesi passando a 66 anni e 3 mesi di età. Con un Decreto del 16 dicembre 2014 invece l’incremento fu di 4 mesi portando. Dal primo gennaio 2016, le pensioni di vecchiaia all’età di 67 anni e 7 mesi. L’ultimo scatto invece si è verificato dal primo gennaio 2019 con 5 mesi di aumento per via del Decreto del 5 dicembre 2017.
E così si è arrivati ai 67 anni della pensione di vecchiaia oggi in vigore. Era previsto un nuovo adeguamento per gli anni 2021 e 2022, ma è stato bloccato dal fatto che l’incremento della stima di vita degli italiani si è fermata. Ed anche l’adeguamento previsto per il primo gennaio 2023, e valido per il biennio fino al 2024, subirà la stessa sorte. In pratica requisiti congelati al momento e nessun adeguamento nuovo all’aspettativa di vita.
Chi può andare in pensione coi requisiti precedenti il 2019
Tra l’altro l’ultimo adeguamento del primo gennaio 2019 che ha issato l’età pensionabile a 67 anni, non trova applicazione per alcuni contribuenti. Infatti il legislatore decise di congelare l’aspettativa di vita per quanto riguarda i lavori usuranti e i lavori gravosi. In pratica chi svolge attività particolarmente usuranti e gravose, e che rientrano nella pensione usuranti, nell’APE sociale e nella Quota 41 per i precoci, può ancora andare in pensione con i requisiti precedenti l’ultimo adeguamento. In sostanza la pensione di vecchiaia per questi lavoratori si centra ancora con 66 anni e 7 mesi di età.
Il requisito contributivo cambia
Per chi rientra quindi come attività lavorativa in quelle particolarmente pesanti idonee agli scivoli previsti dalla normativa vigente, l’età pensionabile è rimasta quella di 66 anni e 7 mesi. Una cosa però cambia. Tale agevolazione può essere sfruttata solo da chi ha carriere più lunghe rispetto ai vent’anni di contributi previsti per la pensione di vecchiaia ordinaria. In altri termini chi svolge lavori gravosi o usuranti può andare in pensione con 66 anni e 7 mesi di età ma solo se ha maturato almeno 30 anni di contributi versati. Ecco chi può andare in pensione coi requisiti precedenti il 2019. Per tutti gli altri lavoratori invece l’età pensionabile resta a 67 anni così come resta a vent’anni la contribuzione minima necessaria.
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