C’è chi è felice di starsene in casa propria tutto l’anno e chi invece ha un desiderio incontenibile di viaggiare e scoprire il mondo. Coloro che fanno parte della seconda categoria potrebbero essere affetti dalla wanderlust, il desiderio irrefrenabile di viaggiare. Per secoli teorizzata solo come un inclinazione dello spirito, oggi gli studiosi hanno trovati basi scientifiche a questa sindrome.
Chi non riesce a smettere di viaggiare può essere affetto da questa sindrome
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Wanderlust è una parola di origine tedesca che ha iniziato a circolare nel XIX secolo. Il periodo del Romanticismo era, infatti, popolato da irrequieti artisti tedeschi. Tipiche di questo movimento artistico-culturale erano anche la curiosità e la voglia di scoprire luoghi nuovi. Il termine si diffuse, poi, negli ambienti letterari britannici a partire dal XX secolo.
Negli ultimi anni, infine, anche in Italia si sente parlare sempre di più di wanderlust. Chi non riesce a smettere di viaggiare può essere affetto da questa sindrome, ma qual è il suo significato? Wanderlust è una parola composta. Deriva infatti da “wander”, cioè vagare, e “lust”, cioè desiderio.
Chi è affetto da wanderlust sente quindi un irrefrenabile desiderio a viaggiare. Se a prima vista la wanderlust sembra meravigliosa, non è priva di aspetti negativi. Se il viaggio diventa l’unico obiettivo e l’unico modo per essere felici si rischiano scottanti delusioni. Chi è soffre di wanderlust “grave” rischia, infatti, di non costruire nulla nella sua vita e di passare anno dopo anno cercando di soddisfare un bisogno insoddisfabile.
Gli studi scientifici
Se per molto tempo considerata solo un tratto caratteriale, la wanderlust è stata, negli ultimi anni, studiata in campo scientifico. Gli studiosi hanno scoperto che esistono effettivamente delle differenze genetiche tra chi ha un forte desiderio di viaggiare e chi no.
I soggetti di studio sono, infatti, spesso, stati i popoli nomadi che ancora abitano la Terra. I risultati sono stati sorprendenti. Esistono vere e proprie differenze tra popolazioni e queste potrebbero spiegare anche le differenze tra individui. Il colpevole sembra essere il gene DRD4, detto anche gene del viaggiatore, che provoca irrequietezza e bisogno di spostarsi.
Come osservato da Chen e colleghi, questo gene è legato alla produzione di dopamina. Le popolazioni nomadi hanno quantità più alte di alleli 7R e 2R di DRD4. Chi ha questo tipo di DRD4 più viaggia, e più vengono stimolati questi alleli che donano una sensazione di benessere e soddisfazione.
Secondo gli studi ben il 20% della popolazione umana ha questo tipo di DRD4. Secondo le teorie moderne questo gene si è sviluppato durante le grandi migrazioni preistoriche. Chi soffre di wanderlust, quindi, potrebbe avere in sé ancora la voglia di migrare dei suoi antenati.