Da alcuni anni, i Governi che si sono succeduti hanno intensificato l’attività di contrasto all’evasione fiscale. Oltre alle normali indagini affidate alla Guardia di Finanza, il Fisco ha introdotto nuovi sofisticati controlli per far emergere il nero. Le forti limitazioni all’uso del denaro contante hanno obbligato imprese e cittadini a privilegiare gli strumenti di pagamento tracciati. In questo modo, quindi, lo Stato può facilmente ricostruire le transazioni dei contribuenti e individuare eventuali guadagni non dichiarati.
Per questo, da tempo, l’Agenzia delle Entrate monitora con grande attenzione i conti correnti degli italiani. In questo articolo analizzeremo alcune delle tecniche utilizzate dagli ispettori tributari per individuare movimentazioni sospette. In particolare, scopriremo che chi non preleva almeno 687 euro al mese dal conto rischia un accertamento fiscale. Come abbiamo analizzato in un recente articolo, infatti, l’Erario ormai non monitora solo i versamenti ma anche i prelevamenti e la movimentazione in generale.
Gli estratti conto nel mirino
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Il D.L. 223/2006 ed il successivo D.L. 201/2011 hanno istituito e regolamentato l’archivio dei rapporti finanziari. Questo database, noto anche come anagrafe tributaria, comprende tutti i conti correnti di cittadini ed imprese del nostro Paese.
Per il Fisco, quindi, ormai da anni non è più necessario avviare indagini per farsi rilasciare dalle banche i documenti della clientela. Grazie all’anagrafe tributaria, l’Agenzia delle Entrate può monitorare in ogni momento i conti degli italiani ed effettuare rilevazioni e verifiche. Gli 007 del Fisco utilizzano appositi algoritmi per far emergere estratti conto sospetti ed approfondirne le movimentazioni. Ad esempio, chi non preleva almeno 687 euro al mese dal conto rischia un accertamento fiscale perché sospettato di evadere le imposte.
Chi non preleva almeno 687 euro al mese dal conto rischia un accertamento fiscale
Se dall’analisi della movimentazione, un cittadino risulta non effettuare spese o prelevamenti coerenti con il costo della vita, scattano alcune verifiche. In mancanza di adeguate giustificazioni, infatti, per il Fisco questo basterebbe a far presumere possibili entrate in nero.
Secondo il D.L. 83/2015, il costo minimo di mantenimento di una persona è pari a 687 euro mensili. Questo importo è, ad esempio, il limite per il pignoramento delle pensioni poiché considerato necessario alla sussistenza. Per questo, quindi, chi non preleva almeno 687 euro al mese dal conto rischia un accertamento fiscale. Sarà quindi il cittadino a dover dimostrare la coerenza delle proprie spese e di non percepire redditi in nero.