Chi ha più di 67 anni di età, è residente in Italia e ha un reddito nullo o inferiore ad una certa cifra può prendere il reddito di cittadinanza

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In Italia esistono vari strumenti sociali di sostegno al reddito. Strumenti assistenziali diretti a sostenere i cittadini che si trovano in difficoltà economica, al fine di garantirgli un reddito minimo per sopravvivere. Uno di questi strumenti è la pensione sociale, dal 1996, diventata assegno sociale. L’assegno sociale è una misura assistenziale che consiste nell’attribuzione di una certa somma di denaro ai soggetti bisognosi. L’assegno sociale è diretto alle persone che presentano sostanzialmente tre requisiti: a chi ha più di 67 anni di età, è residente in Italia e ha un reddito nullo o inferiore ad una certa cifra, molto bassa (stabilita annualmente dalla legge).  

Come detto in Italia esistono vari tipi di misure di sostegno al reddito a carattere assistenziale. Ed esistono anche le più disparate forme di reddito fatte di entrate attive e di rendite passive che possono provenire dalle più svariate fonti. Questa considerazione è importante quando si vada a chiedere l’assegno sociale. Nel senso che ove questo non venga accordato, e la decisione impugnata, il giudice nel decidere se l’assegno spetti o meno deve considerare le più varie fonti di reddito.

Chi ha più di 67 anni di età, è residente in Italia e ha un reddito nullo o inferiore ad una certa cifra può prendere il reddito di cittadinanza. Ecco cosa dice la giurisprudenza

A proposito della relazione tra i vari strumenti di sostegno al reddito, interessante la  sentenza N.4702/2022 della Corte d’Appello di Roma. I giudici hanno analizzato, in particolare, il rapporto tra assegno sociale ed assegno di mantenimento dell’ex coniuge. Infatti la Corte d’Appello ha riformato la sentenza di primo grado del Tribunale di Roma. Il caso era quello di un soggetto che aveva rinunciato all’assegno di mantenimento da parte dell’ex coniuge e poi aveva richiesto l’assegno sociale all’INPS.

L’INPS, negando la richiesta, aveva sostenuto che la rinuncia o la mancata richiesta dell’assegno di mantenimento costituiscono la dimostrazione che non ci si trova in stato di bisogno. Ancora meglio l’INPS aveva sostenuto che il semplice fatto di rifiutare l’assegno di mantenimento significa non avere bisogno di alcun aiuto economico. E quindi ciò legittimava il rifiuto dell’ente alla richiesta dell’assegno sociale. Il Tribunale di Roma aveva aderito a questa ricostruzione dell’ente di previdenza. 

La spiegazione della giurisprudenza

La Corte d’Appello di Roma ha, però, capovolto questa decisione. Infatti, ha ricordato come la stessa Corte di Cassazione afferma che l’accesso all’assegno sociale dipende solo dall’effettivo stato di bisogno economico. Cioè per la Cassazione non bisogna guardare alla possibilità teorica di avere un certo reddito ma solo alla percezione effettiva di quel reddito. Quindi quando l’INPS analizza le domande di assegno sociale deve guardare esclusivamente ciò che il richiedente effettivamente percepisce come reddito.

La Corte d’Appello ha quindi applicato questo principio al caso concreto. Cioè al rapporto tra richiesta all’INPS dell’assegno sociale e rifiuto (o mancata richiesta) dell’assegno di mantenimento. Ed ha spiegato che il rifiuto o la mancata richiesta dell’assegno di mantenimento non precludono di chiedere all’INPS l’assegno sociale. L’INPS deve concedere l’assegno sociale quando ravvisi che il richiedente effettivamente non percepisce un reddito sufficiente per sopravvivere. O ancora meglio non supera la soglia di reddito prevista dalla legge per concedere l’assegno sociale. Il criterio della effettiva percezione del reddito determina, dunque, se e quando assegno sociale e reddito di cittadinanza sono compatibili.

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