Una misura che è esattamente una via di mezzo tra uno strumento assistenziale e uno pensionistico vero e proprio è l’APE sociale. La misura che è stata prorogata nel 2022 e che ha buone possibilità di essere prorogata ancora nel 2023 ha consentito a diversi lavoratori di anticipare l’uscita dal lavoro anche senza percepire una vera e propria pensione. Infatti, l’APE sociale ha delle differenze sostanziali rispetto alle classiche misure pensionistiche vigenti.
Che cos’è l’APE sociale e perché ai lavoratori conviene nonostante i limiti
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A metà strada tra previdenza e assistenza, questo è ciò che si dice sempre dell’APE sociale. La misura è previdenziale perché prevede un limite minimo di età per essere percepita e un altrettanto limite minimo di contributi previdenziali versati. È assistenziale perché è una misura che è destinata a determinati soggetti e cioè:
- invalidi con il 74% almeno di invalidità certificata;
- caregivers che assistono un familiare disabile, convivente, da almeno 6 mesi prima della domanda;
- disoccupati che da tre mesi hanno terminato di prendere la NASPI;
- chi svolge una delle attività di lavoro gravoso previste dalla normativa vigente.
Le penalizzazioni dell’APE sociale, molti non le considerano ma ci sono
Spiegato che cos’è l’APE sociale e perché ai lavoratori conviene, molti si chiedono quanti soldi si perdono con APE sociale. Infatti, va considerato che lasciare il lavoro prima prevede due penalizzazioni, una di calcolo e una di carriera. La prima è derivante dal fatto che i coefficienti con cui tutti i contributi previdenziali accreditati a un lavoratore diventano pensione sono più vantaggiosi se l’età con cui si lascia il lavoro è più alta.
Con l’APE sociale si può uscire già a 63 anni, ma a 64 anni a parità di carriera si prende di più. E ancora più alta la pensione, sempre a parità di carriera, se si esce a 65, 66 o 67 anni e così via dicendo. Per disoccupati, invalidi e caregivers, servono 30 anni di versamenti. Per i lavori gravosi ne servono 36, ma tra questi edili e ceramisti escono con 32 anni di carriera.
Inoltre, va considerato il fatto che uscire dal lavoro prima significa che il lavoratore interrompe il versamento dei contributi. Evidente che un lavoratore edile che esce con 32 anni di contributi a 63 anni di età prenderà meno di un lavoratore che invece attende lavorando i 67 anni di età uscendo dal lavoro con 36 anni di contributi.
Quanto si prende di APE sociale e cosa fare a 67 anni di età
Così come molti si chiedono a quanto ammonti la pensione di vecchiaia con 20 anni di contributi, lo stesso fanno quelli che escono con l’APE sociale a 63 anni e, magari, con 30 anni di contributi. Come dicevamo, sarà una pensione più bassa rispetto a quella classica a 67 anni. Ma si perde anche la tredicesima mensilità. Infatti, per l’APE sociale non è prevista.
L’APE sociale non prevede le maggiorazioni sociali e nemmeno gli assegni per il nucleo familiare. Sempre in riferimento ai familiari, bisogna dire che chi si chiede quando si ha diritto alla pensione di reversibilità del coniuge non deve considerare l’APE sociale. Infatti, questa è una misura non reversibile a causa di morte del beneficiario. E a 67 anni il titolare dell’APE sociale deve presentare domanda di pensione di vecchiaia perché l’APE si interrompe al compimento dell’età pensionabile vigente.
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