In cosa consiste la certezza del diritto e cos’è la funzione nomofilattica?
Solitamente, intendiamo per certezza del diritto la possibilità di conoscere, su una determinata materia, con precisione, quale sia il significato da assegnare a determinate norme. In modo tale che, quindi, tutti le intendano nello stesso modo, senza possibilità di confusione o di incertezze.
È quindi evidente, a proposito di certezza del diritto e funzione nomofilattica delle giurisdizioni superiori, che essa costituisce un fondamentale valore.
Non fosse che perché, in assenza di questa, neppure gli operatori di un settore, o un investitore, possono svolgere la loro funzione con serenità, e preferiscono spesso, infatti, rifuggire da ordinamenti che non consentono tale certezza in misura ampia, per preferire quelli dove la stessa sia maggiormente riscontrabile.
Certezza del diritto e funzione nomofilattica delle giurisdizioni superiori
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Chimera o realtà?
In realtà, nessun ordinamento può garantire una certezza del diritto, intesa come uniforme applicazione del medesimo.
Non fosse che perché, effettivamente, anche solo la presenza di giudici diversi, che possono occuparsi dello stesso caso nei diversi gradi di giudizio, consente infatti di interpretare le cose in modo diverso. Sia in punto di fatto, che di diritto.
Ma, in ordinamenti come il nostro, in cui le leggi spesso si accavallano tra di loro, ed in cui la loro formulazione non sempre è chiara e agevolmente comprensibile, il fenomeno di una incertezza applicativa ed ermeneutica si riscontra con maggior frequenza.
Ad esempio in materia fiscale, dove lo stesso avvocato Ruffini, a capo dell’Agenzia delle Entrate, ha dichiarato che è impossibile conoscere completamente anche solo quante siano le leggi applicabili.
Figuriamoci conoscerne il contenuto. E forse neppure chi, tra i tecnici, è chiamato a formulare il contenuto di nuove norme, può garantire una conoscenza completa ed approfondita, tale da evitare equivoci o errori nella formulazione stessa. Come in certi casi, in cui una norma afferma qualcosa di questo tenore: in tali casi si applica il comma x art. y della legge numero…..
E poi si scopre che il comma x art. y della legge in questione magari non esiste più, perché abrogato successivamente.
In tali casi, infatti, siamo in presenza di un combinato disposto apparente tra norme diverse.
La funzione nomofilattica della Cassazione
In presenza di più gradi di giurisdizione, pertanto possiamo rilevare, sullo stesso caso, pronunce anche molto diverse, come sopra anticipato.
Per questo, esistono le cosiddette giurisdizioni superiori, in primis la Cassazione, che svolge una funzione nomofilattica.
Ossia rivolta all’uniforme interpretazione del diritto.
Sarà infatti la Cassazione, in caso di ricorso, a pronunciarsi per ultima su materie civili e penali.
E, quindi, sapendo che poi è possibile ricorrere in Cassazione, le sue sentenze sono molto importanti. Proprio perché, essendo l’ultimo organo giurisdizionale a potersi pronunciare, chi affronta una causa fa riferimento definitivo alla sua giurisprudenza, cioè alla sua interpretazione delle norme.
Interpretazione che, quindi, prevarrà su quella eventualmente contraria delle altre giurisdizioni di grado inferiore, giudici di primo o secondo grado.
Questo, ovviamente, non significa che gli altri giudici siano vincolati, nelle loro decisioni, a seguire l’interpretazione della Cassazione, ma certo per il ricorrente sarà un elemento fondamentale la giurisprudenza di questo organo.
Le sezioni unite
A volte anche le diverse sezioni della stessa Cassazione non danno interpretazioni uniformi sulla stessa materia.
Per questo motivo si ricorre talora alle cosiddette sezioni unite, quando si tratti di questione particolarmente importante, o quando si debba dirimere un contrasto tra diverse sezioni della Cassazione.
Ma anche in questo caso, comunque va precisato che l’interpretazione offerta dalla Corte non è vincolante, se non nel singolo caso.
Quando poi la Corte di Cassazione decide un rinvio del procedimento al giudice di merito, allora questo è vincolato a quanto deciso su quel caso.
E solo in tale ipotesi il giudice di grado inferiore deve rispettare quanto deciso dalla Corte.
Ma ovviamente, in altro, analogo caso, potrebbe decidere non seguendo l’orientamento della Cassazione.
Nomofilachia in crisi?
La funzione nomofilattica della Cassazione è quindi in crisi?
In un certo senso possiamo rispondere affermativamente.
Intanto proprio perché, comunque, oltre i casi di rinvio la sua sentenza non è vincolante per altri organi giurisdizionali, come abbiamo visto.
Ma poi è tutto il sistema, che rende complicato usare il diritto nei normali rapporti anche civili e commerciali.
Occorre, ad esempio, ricorrere fino alla Cassazione, con tempi mediamente lunghi, prima di avere la sentenza definitiva.
Ed anche se un orientamento fa parte di una consolidata giurisprudenza della suprema Corte, intanto i giudici di merito magari non la pensano allo stesso modo, e bisogna fare la trafila sino alla Cassazione, per sentirsi dare ragione.
Il che, ovviamente, non è certo il miglior viatico possibile per investitori e settore degli affari.
Né sotto il profilo civile, né sotto quello penale. Sì, anche da questo punto di vista, dal momento che una determinata fattispecie potrebbe essere considerata penalmente rilevante da alcuni giudici, ma non da altri.
Pertanto talora, nell’esaminare possibili condotte, non possiamo neppure essere sicuri di commettere o meno un reato.
Situazioni che ingenerano, ovviamente, incertezza e blocco delle attività.
Proposte di riforma
In tale contesto si inseriscono alcune ipotesi di riforma, per rendere vincolante, a determinate condizioni, la giurisprudenza della Cassazione.
Così anche il giudice di merito dovrebbe attenersi a quanto dalla medesima espresso in termini di principi interpretativi, e si potrebbe raggiungere non solo una maggior uniformità ermeneutica, ma anche quel grado di maggior certezza, che potrebbe contribuire ad una maggior fiducia di investitori ed imprenditori verso il nostro paese. In questo caso, infatti, non si dovrebbe attendere il ricorso in Cassazione, per sentirsi dare ragione, ma sarebbe già il giudice di grado inferiore ad emettere sentenze, nel rispetto dei principi palesati dalla Cassazione.
A cura di Gian Piero Turletti, autore di “Magic Box” e “PLT“