Anche se molto spesso i dipendenti pubblici lamentano un diverso trattamento previdenziale rispetto ai dipendenti privati, sicuramente non possono lamentarsi. Ci sono misure di cui non possono godere perché ne sono esclusi, come ad esempio l’assegno ordinario di invalidità. Quest’ultimo viene riconosciuto solo ai lavoratori dipendenti del settore privato e a quelli autonomi. Non possono richiedere la pensione di vecchiaia anticipata con l’80% di invalidità. Ma per loro c’è una pensione di inabilità che spetta solo dopo 5 anni di servizio e si tratta di un beneficio destinata a tutti i dipendenti.
L’invalidità prevede trattamenti differenti
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Ci sono trattamenti di invalidità che sono destinati solo ai lavoratori privati da cui i dipendenti della Pubblica Amministrazione sono esclusi. Ma allo stesso modo esistono trattamenti che escludono sia i dipendenti privati che i lavoratori autonomi essendo destinati solo ai dipendenti pubblici. Come l’inabilità assoluta e permanente alla mansione che permette la dispensa dal servizio con 15 anni di contributi.
La misura di cui parliamo oggi, invece, destinata inizialmente ai lavoratori del settore privato, dal 1996 è estesa anche al pubblico impiego. E si tratta di un tipo di trattamento che richiede un grado di inabilità molto grave.
C’è una pensione di inabilità che spetta a tutti i lavoratori
L’inabilità assoluta e permanente a qualsiasi attività lavorativa richiede di aver maturato almeno 5 anni di contributi. E almeno 3 anni di questi si devono collocare nel quinquennio precedente la decorrenza del trattamento pensionistico. I requisiti contributivi, quindi, sono gli stessi richiesti dall’assegno ordinario di invalidità. Diversi, invece, sono quelli sanitari.
Il certificato medico per poter richiedere questa tipologia di pensione deve attestare l’inabilità assoluta e permanente a svolgere qualsiasi tipo di attività lavorativa. E questo significa che chi la richiede non potrà in nessun caso più lavorare.
Il calcolo della pensione
Si tratta di una pensione molto particolare perché oltre a tenere conto dei contributi versati prende in considerazione anche la condizione lavorativa dell’inabile. Al momento della cessazione del lavoro è corrisposto un assegno sulla base dei contributi fino ad allora versati. Ma nel periodo tra la cessazione e il raggiungimento dell’età pensionabile è riconosciuta una maggiorazione virtuale.
Ovvero nel periodo in cui l’inabile non lavora i suoi contributi vengono incrementati virtualmente fino al compimento dei 67 anni se è nel sistema retributivo. Ovvero se ha almeno 18 anni di contributi versati prima del 1996. In caso contrario sono incrementati fino a quando compie 60 anni di età o al massimo al raggiungimento dei 40 anni di contribuzione.