Uscire dal lavoro a 67 anni non è certo una novità dal momento che si tratta dell’età pensionabile oggi vigente. Infatti esiste una misura chiamata pensione di vecchiaia ordinaria che consente l’uscita proprio a 67 anni con appena vent’anni di contributi versati. Nel nostro sistema previdenziale però, oltre all’età conta anche la carriera e quindi i contributi versati durante gli anni di lavoro. Infatti a 67 anni la pensione dal punto di vista dell’importo, risulta diversa proprio in base all’ammontare dei contributi versati. Pertanto, più contributi si versano più si prende di pensione. Questa la regola generale che però non sempre trova conferma nella realtà. Infatti alcuni lavoratori percepiscono una pensione più alta nonostante un numero di anni di contribuzione più basso.
Calcolo della pensione a 67 anni favorevole per chi ha meno contributi
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La soglia minima dei contributi da versare per poter uscire dal lavoro a 67 anni resta sempre quella dei 20 anni di contributi. Questo a meno che l’interessato non rientra in alcune particolari di deroghe come lo sono le tre deroghe Amato o l’opzione di Dini. In questi casi l’uscita a 67 anni è garantita anche con solo 15 anni di contributi versati. Con l’ingresso del sistema contributivo le pensioni sono commisurate all’ammontare dei contributi versati, meglio conosciuto come montante contributivo. Si tratta della quota di stipendio che mensilmente i lavoratori lasciano per la pensione futura (per gli autonomi i versamenti trimestrali). Un accantonamento che finisce in una specie di salvadanaio che si apre nel momento in cui si esce dal lavoro. Più alto è il montante contributivo più soldi si percepiscono a 67 anni. Ma non sempre più anni di contributi significano più pensioni percepite.
Ecco perché anche i contributi sono collegati allo stipendio
Come è naturale che sia, più alto lo stipendio più alta è la quota dei contributi che si mettono da parte mese dopo mese. È evidente che ad uno stipendio più alto in genere corrisponde una dote contributiva più alta. In genere un lavoratore destina un 33% dello stipendio alla propria pensione. Il 33% è l’aliquota contributiva oggi in vigore nella AGO, ovvero nell’Assicurazione generale obbligatoria dell’INPS. Può capitare quindi che 30 anni di contributi versati con uno stipendio da 12.000 euro annui di media, possono determinare una pensione più bassa di chi invece ha lavorato solo 20 anni ma con uno stipendio da 24.000 euro annui.
Naturalmente nel calcolo della pensione incidono anche l’epoca in cui sono stati versati i contributi, l’eventuale rientro nel sistema misto e se sono molti gli anni di versamento nel sistema retributivo. Sta di fatto comunque che anche con il passaggio al metodo contributivo, l’importo dello stipendio incide e non poco sulla pensione futura. Una evidenza che offre un calcolo della pensione a 67 anni favorevole a chi prende uno stipendio più alto. Lo stipendio incide come incideva nel sistema retributivo, basato proprio sulle ultime buste paga, ma è evidente che chi prende uno stipendio più alto ha evidenti vantaggi anche sull’importo del trattamento pensionistico.
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