Fresco di lancio sul mercato, il Buono per Ripartire di Poste Italiane si presenta sicuramente con un nome accattivante. Lo sono entrambi i termini, a dire il vero: “Buono” e “Ripartire”.
Tuttavia, si possono definire realmente tali? Per la raccolta effettuata da CDP, tramite le filiali del Gruppo Poste, sì. Per il risparmiatore forse un pò meno. Entriamo, allora, nel dettaglio del Buono per Ripartire di Poste Italiane e il grande rischio nascosto dietro lo schema dei tassi attivi offerti.
La struttura dei tassi
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Per giungere al cuore del nostro discorso, partiamo subito dalla struttura dei rendimenti del Buono in questione. Le condizioni pubblicate sul sito aziendale, e in vigore dal 7 ottobre scorso, sono le seguenti:
a) alla fine del 4° anno, si percepisce lo 0,20% annuo nominale lordo;
b) alla fine dell’ottavo, invece, si passa allo 0,30%;
c) dopo altri quattro anni, al 12°, il rendimento passa allo 0,40%;
d) solo alla fine del 16° anno si porta a casa l’1,35%. Sempre nominale annuo lordo.
I pro del Buono per Ripartire
I pro del Buono per Ripartire si possono elencare nei seguenti punti. Anzitutto, si conosce a priori lo schema dei rendimenti futuri e, quindi, non si hanno sorprese di nessun tipo. Inoltre, sono garantiti dallo Stato. Offrono, poi, una tassazione di tutto vantaggio, nel senso che la ritenuta applicata è del 12,5%.
Ancora, sono sempre integralmente rimborsabili e non hanno costi né di sottoscrizione, né di gestione, né di rimborso.
Il grande rischio nascosto
Il prodotto, tuttavia, presenta almeno due punti di criticità. Il primo, è dato dal fatto che gli interessi maturano solo ogni quattro anni. Quindi, dopo il 4°, l’8°, il 12° e il 16°. Prima di tali scadenze intermedie, è sempre possibile la restituzione integrale del capitale.
La seconda criticità è ancora più consistente della prima e porta direttamente agli effetti da inflazione. In caso di rendimenti molto bassi, come appunto questo prodotto, la probabilità che negli anni venga eroso dall’inflazione potrebbe essere alto. Nei primi dodici anni di vita del Buono non si arriva mai sopra lo 0,50%; anzi, il rendimento massimo previsto è addirittura dello 0,40%.
Il rendimento netto effettivo a scadenza
Questo titolo di nuova generazione assicura al massimo l’1,35%, ma solo alla fine del 16° anno. A questo punto, consideriamo tutti gli elementi. Togliamo l’imposta di bollo dello 0,20% annuo, poi il 12,5% sui rendimenti finali, ed infine scaliamoci l’inflazione.
Ora, non possediamo la sfera di cristallo per predire l’inflazione nei prossimi 16 anni. Ma, se nel 2024 o nel 2027, oppure nel 2030 o 2034, l’inflazione dovesse ripartire allora sarebbero dolori. Perché, a quel punto, il rendimento effettivo netto non sarebbe neanche pari a zero, ma proprio negativo!
Detta in soldoni, se noi oggi vincoliamo 10mila euro a 16 anni e proprio ripartisse pure, a scadenza avremmo un nominale di 10.000 e interessi. Ma in termini reali varrebbero molto meno di 10mila.
Ponderare rischio e rendimento del Buono per Ripartire
Dunque, è bene ponderare il Buono per Ripartire di Poste Italiane e il grande rischio nascosto dato dalla possibile inflazione futura. Sappiamo bene, infatti, che uno degli obiettivi della BCE è quello di far decollare proprio nell’Eurozona.
Il piccolo risparmiatore si domanderà: tra rendimento nominale e reale qual è quello che conta veramente? Purtroppo la risposta è: quello reale, non quello nominale.
Quindi, si avrebbe, a scadenza, un profitto nominale positivo, ossia scritto su carta. Ma, in termini reali, si registrerebbe una perdita, in quanto il peso dell’inflazione potrebbe essere maggiore rispetto ai tassi attivi percepiti.
Se, invece, gradite scoprire quanto rendono i Buoni postali dedicati ai minori, vi invitiamo a leggere il seguente articolo.