Ieri abbiamo trattato la delicata questione degli equilibri politici della maggioranza di governo, in occasione del voto su due mozioni di sfiducia verso il guardasigilli Bonafede.
Nel corso del dibattito che ne è seguito sono state dette molte cose, sia da parte dei parlamentari, che del ministro.
L’esito delle votazioni è stato il seguente: bocciate le mozioni di sfiducia, ma il diritto penale non è quello descritto da Bonafede.
Per un verso la votazione è servita a meglio definire i rapporti all’interno della maggioranza di governo, con la posizione di Renzi che salva, sì, l’esecutivo, ma al tempo stesso lo richiama ad un cambio di passo sostanziale, e chiarisce che il salvataggio viene fatto più per considerazioni sulla situazione economica, che non in base a come è stata gestita la giustizia da Bonafede.
Ma la questione giustizia ha anche notevoli risvolti dal punto di vista economico.
Non dimentichiamo che se molti investitori preferiscono evitare l’Italia, è anche per la mancata certezza del diritto, che spesso si riscontra nel nostro paese.
Affermazioni non corrispondenti al vero
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E’ del tutto ovvio che un ministro tenda a difendere il proprio operato e quello del suo dicastero, e le valutazioni possono essere ovviamente diverse tra i parlamentari, chiamati a votare.
Ma sicuramene alcune affermazioni sulla questione giustizia, rese dal ministro in diverse occasioni, non corrispondono alla situazione reale.
Personalmente, mi riferisco in particolare all’affermazione, che mi pare più grave di altre, che se uno è innocente non finisce in carcere.
D’accordo, il ministro Bonafede non è un penalista, ma un avvocato civilista.
Ma dovrebbe comunque aver presenti situazioni come le seguenti.
Lo stato ha già pagato indennizzi rilevanti, per indebite carcerazioni di soggetti, poi rilevatisi innocenti.
Lo stesso concetto di errore giuridico non avrebbe senso, e non esisterebbe, se mai i magistrati sbagliassero, anche nel prendere provvedimenti restrittivi della libertà personale.
Come ricordato ieri da taluno in aula, anche casi eclatanti smentiscono il guardasigilli, uno su tutti: il caso di Enzo Tortora, emblema per antonomasia di cosa abbia drammaticamente significato, e tuttora significhi, in Italia, la cultura del sospetto.
Mi domando: ma un guardasigilli che non sa o non tiene conto di queste cose, si può davvero ritenere idoneo a fare il guardasigilli?
Altra domanda che mi faccio la rivolgerei invece al senatore Renzi: se aveva già deciso di bocciare le mozioni di sfiducia, perché farsi mandare via mail delle opinioni dai cittadini?
Bocciate le mozioni di sfiducia. La questione della prescrizione
Oserei dire che sono veri e propri oceani intergalattici quelli che separano la mia concezione della giustizia da quella di un Bonafede. Emblema invece dei 5 stelle, come ricordato ieri dallo stesso movimento (il ministro che vogliamo…).
Ed infiniti, quindi, sono i punti di disaccordo.
Ma su tutti, vorrei ancora ricordare la questione della prescrizione.
Che non è necessariamente connessa all’altra questione della durata del processo.
Immaginiamo che ad anni di distanza, magari venti anni, si individui chi aveva rubato un oggetto di infimo valore in un supermercato, che aveva sporto querela.
In base alle regole giuridiche, in assenza di prescrizione bisognerebbe comunque procedere.
La procura, svolti alcuni accertamenti in via preliminare, come la presentazione della querela entro i canonici 3 mesi, dovrà chiamare a processo chi ritenuto responsabile.
E qui viene spontanea la domanda: anche per un furto di modifico valore, avvenuto, per dire, venti anni prima?
Voi capite che non sussiste, in realtà, un interesse dell’ordinamento giuridico ad occuparsi di qualsiasi situazione intervenuta molto tempo fa.
E, quindi, ecco che uno dei capisaldi, invece, della politica della giustizia voluta da Bonafede tende a sovvertire anche solo comuni regole di buon senso.
E la cosa vale anche nel caso in cui una ventina d’anni fa fosse stato iniziato il processo contro chi ritenuto responsabile, ma poi la cosa non fosse proseguita.
Ebbene, è del tutto ovvio che in un caso anche di questo tipo, nonostante l’interruzione iniziale della prescrizione, dopo un certo tempo non vi sia più interesse a tenere impegnati giudici ed aule di giustizia.
Un auspicio per il futuro
La votazione di ieri, in cui sono state bocciate le mozioni di sfiducia, è stata anche l’occasione per richiedere, non a caso, una svolta sui temi della giustizia.
Personalmente non penso che questa richiesta potrà avere un seguito, proprio perché comunque un ministro esprime una linea politica ben chiara.
E, come si usa dire, non ci sono uomini per tutte le stagioni.
Anche la giustizia, quindi, rimarrà nell’opinione di molti investitori un nervo scoperto.
Certamente all’insegna più della cultura del sospetto e del sovvertimento della presunzione di non colpevolezza, che di quel garantismo giuridico, che invece dovrebbe caratterizzare uno stato di diritto e la cultura di autori come Beccaria.
Ma tant’è. Ne siamo consapevoli, e riteniamo che anche un certo tipo di gestione della giustizia non agevoli gli investimenti verso l’Italia.
A maggior ragione, in un periodo in cui maggiormente ce ne sarebbe bisogno.
Quanto all’ipotesi della caduta del governo, come si suol dire, non tutti i mali vengono per nuocere (ammesso che la caduta dell’attuale esecutivo sia da considerare un male).
Se, ad esempio, venisse proposto un esecutivo Draghi, probabilmente qualcosa in meglio muterebbe, in primis nel sentiment dei mercati, con notevole miglioramento dello spread.
A cura di Gian Piero Turletti, autore di “Magic Box” e “PLT”