Benefici per chi è riconosciuto invalido dopo i 67 anni

Ci sono benefici per chi è riconosciuto invalido dopo i 67 anni?

Si ci chiede se chi ha compiuto i 67 anni ed è in pensione, può ugualmente essere riconosciuto invalido. Si precisa che l’invalidità civile, o invalidità generica, consiste in una riduzione della capacità lavorativa. Ebbene. Se l’interessato ha compiuto l’età pensionabile, che è pari a 67 anni, almeno sino al 31 dicembre 2022, può essere ugualmente riconosciuto invalido. Tuttavia, in questo caso, per quantificare la percentuale d’invalidità non si fa riferimento alla capacità lavorativa, come nel caso di invalidità riconosciuta in costanza dell’attività lavorativa. Si fa, invece, riferimento a quella di svolgere i compiti e le funzioni proprie dell’età di riferimento. A questo punto, dopo aver risposto positivamente alla domanda circa la possibilità di riconoscimento dell’invalidità, occorre precisare quali sono i benefici conseguenti. A tale scopo, si deve far riferimento alla legge 104.

Come viene riconosciuta l’invalidità

Perché si possa essere riconosciuti invalidi per il diritto alle agevolazioni, è necessaria la certificazione da parte di un’apposita commissione medica. Per ottenerla, occorre ottenere dal proprio medico curante una certificazione medica introduttiva. Essa serve per far partire la domanda di invalidità rivolta all’Inps. Ad inviarla deve essere direttamente l’interessato, accedendo al sito dell’Inps con le proprie credenziali dispositive. Oppure, potrà chiamare il call center Inps al numero 803.164 (06.164.164 da cellulare). In alternativa, ancora, si può inviare la domanda tramite patronato.

Benefici per chi è riconosciuto invalido dopo i 67 anni

La persona riconosciuta invalida dopo il compimento dei 67 anni non ha diritto alla pensione d’invalidità civile. Ciò, anche se possiede il requisito di reddito e il requisito sanitario, cioè invalidità civile pari o superiore al 74%. Non ha nemmeno diritto alla pensione d’inabilità civile, cioè alla pensione per invalidi civili al 100%. Difatti, gli aventi diritto a questi benefici, al compimento dei 67 anni li perdono, in quanto vengono convertiti in assegno sociale sostitutivo. Quindi, a chi è riconosciuto invalido dopo i 67 anni può però aver diritto all’assegno sociale.

Esso è un’indennità di assistenza riconosciuto dall’Inps, proprio come la pensione d’invalidità e di inabilità. Tuttavia, non spetta in base ai contributi versati ma solo a chi si trovi in stato di bisogno. In particolare, detto assegno spetta ai cittadini dai 67 anni di età, aventi un reddito al di sotto di un certo limite. Essi, inoltre non devono essere destinatari di pensione di vecchiaia, anticipata, di anzianità o ad altri trattamenti di previdenza. Il trattamento, nel 2020, è pari a 459,83 euro ed è erogato, come la pensione, per 13 mensilità. Pertanto, stando ai calcoli, la sua misura annuale è pari a 5.977,79 euro.

Accompagnamento

Inoltre, la persona riconosciuta invalida dopo i 67 anni, può aver diritto all’accompagnamento o accompagno. Trattasi di un assegno pari ad euro 520,29 mensili. L’importo viene adeguato annualmente. Esso è destinato agli invalidi al 100% non autosufficienti, cioè impossibilitati a compiere gli atti quotidiani della vita senza assistenza o che non possono deambulare. L’assegno è riconosciuto a prescindere dal reddito. Basta solo il riconoscimento delle condizioni sanitarie per il diritto all’accompagno.

Pensione di cittadinanza

La persona riconosciuta invalida dopo i 67 anni può aver diritto, a prescindere dall’invalidità certificata, alla pensione di cittadinanza. Essa integra ulteriori prestazioni alle quali ha eventualmente diritto. Essa consiste in una prestazione economica mensile, esentasse, accreditata ai single over 67 o a favore delle famiglie composte esclusivamente da persone che hanno compiuto l’età pensionabile. Infine spetta alle persone non autosufficienti. Questo sussidio può spettare agli anziani che non hanno reddito, oppure può integrare la pensione, o l’assegno sociale, o la diversa prestazione spettante. L’importo della pensione di cittadinanza è determinato da due quote.

La prima quota, a integrazione del reddito familiare.

Essa ammonta ad un massimo di 7560 euro annui, ossia 630 euro al mese, per il nucleo familiare con un singolo componente. Invece, in presenza di più componenti si può arrivare al massimo a 1.323 euro al mese, che sono 15.876 euro annui. Per le famiglie con disabili gravi o non autosufficienti, è previsto un incremento dell’importo massimo della quota base erogabile.

Cioè, in presenza di almeno 4 componenti del nucleo familiare, l’assegno passa da 1.323 euro a 1.386 euro mensili. La seconda quota, a integrazione del reddito familiare, è riconosciuta alle famiglie o alle persone sole che pagano l’affitto dell’abitazione. Essa è pari al canone annuo previsto dal contratto di affitto, per un massimo di 150 euro al mese, ammontanti a 1.800 euro annui. Oppure, essa può essere pari alla rata del mutuo. In questo caso, allo stesso modo, fino a un massimo di 150 euro al mese, cioè 1.800 euro annui. Per il conseguimento della pensione di cittadinanza sono previsti specifici requisiti, sia in capo al richiedente che ai componenti del nucleo familiare.

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