E’ Tesla è la casa automobilistica che vale di più al mondo. Il colosso delle auto elettriche festeggia il suo decimo anno di quotazione a Wall Street (il 29 giugno 2010) con uno storico sorpasso su Toyota. Ore di ansia, invece, in casa Fca per la futura fusione con Peugeot, rallentata dalle ispezioni dei vertici europei. Pieno caos invece in casa Nissan, che dopo due anni di alleanza con Renault, chiude con 5 miliardi di perdite. I risparmiatori che vogliono cogliere occasioni dai titoli dell’auto, faranno bene a seguire da vicino queste tre situazioni.
La vittoria di Elon Musk a Wall Street
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Negli ultimi dieci anni Elon Musk, il miliardario visionario che ha ignorato o violato molte delle regole non scritte dell’industria automobilistica. Ma a gennaio scorso ha superato Volkswagen, divenendo la seconda casa produttrice al mondo per capitalizzazione di mercato. Ora con i suoi 207,2 miliardi di dollari vale quasi due volte il colosso tedesco e più di Toyota, diventando il promo produttore mondiale. La corsa di Tesla a Wall Street ha sorpreso molti analisti, che hanno visto schizzare il suo valore nonostante una produzione di sole 500.000 auto l’anno e utili scarsi. Il colosso delle auto elettriche ha raggiunto una quotazione di 750 dollari in piena pandemia, nel mese di maggio. Dopo un avvio incerto, Tesla ha iniziato a macinare utili e già chiuso tre trimestri in nero, mentre le vendite mondiali di auto crollano del 15%.
L’ansia in casa Fca per il tavolo con Peugeot
Passiamo ora a Fca, che tramite Fca Italy ha chiesto un finanziamento da 6,3 miliardi da parte di Intesa Sanpaolo e garantito dallo Stato italiano. E’ indubbio che il gruppo guidato dalle famiglie Agnelli-Elkann abbia bisogno di presentarsi alla fusione con Peugeot con una situazione finanziaria migliore di quella che ha oggi. Altrimenti gli azionisti della holding Exor non potranno pretendere molto per valorizzare le loro quote al momento della fusione.
Auto: Tesla festeggia, Peugeot prepara le armi, Renault in crisi con Nissan
I vertici di Peugeot e dal governo francese suo azionista non sono preoccupati né da questa trattativa, che sarà su prezzi inferiori rispetto a quelli ipotizzabili due o tre anni fa. Quando sui giornali tedeschi già si cominciava a parlare sul serio di uscita degli Agnelli dall’auto. Non sono preoccupati neanche dal girone infernale di tavoli sindacali che si apriranno una volta decisa la fusione. Perché, nonostante le molte parole sui piani industriali e sul mantenimento dei livelli occupazionali, i doppioni (in termini di stabilimenti, reti di vendita, ecc) tra i due gruppi Peugeot e Fca,ci sono. E sono molti. Quando Macron dovrà occuparsi anche della situazione degli stabilimenti francesi di Renault, la partita sul destino degli stabilimenti ex Fiat in Italia non sarà prioritaria. Gli strilli dei nostri sindacati e le proteste dei nostri ministri saranno inutili. Perché le mani libere sulla ex Fca Italia saranno una condizione che verrà posta dal governo francese in occasione di trattative molto più importanti per noi italiani. Per esempio se toccare o no di nuovo le pensioni per ridurre il debito nazionale.
Il caos a Yokohama
Qualche giorno fa a Yokohama l’amministratore delegato di Nissan, Makoto Uchida è stato asfaltato da un coro di proteste degli azionisti delusi dal primo bilancio in perdita da 11 anni a questa parte (per 5,5 miliardi di euro). Insieme alle scuse, ha balbettato che le tre aziende che formano il gruppo Nissan-Renault-Mitsubishi Motors manterranno un livello di indipendenza adeguato a garantire la priorità ai risultati individuali. Gli analisti ritengono che la terza casa automobilistica mondiale stia scontando gli anni di investimenti eccessivi per garantire l’espansione del gruppo, decisi dall’ex presidente Carlos Ghosn.
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L’attuale fase di contrazione del mercato sta minando la sostenibilità dell’azienda. Che nell’era post-Covid non appare guidata da vertici con le idee chiare. Le incognite sul futuro dell’alleanza franconipponica sembrano molte. Per l’anno fiscale appena concluso, Nissan ha messo in conto una spesa di 600 miliardi di yen, l’equivalente di 4,9 miliardi di euro, per operazioni di ristrutturazione che comprendono la chiusura degli stabilimenti di Barcelona e in Indonesia. Il titolo Nissan nel 2008 valeva 1.000 yen: lo scorso aprile è crollato anche a 310 yen.