Aumento pensioni, ecco chi prenderà 144 euro di arretrati e 90 euro circa di aumento con la perequazione

Sede INPS-Foto da imagoeconomica

Ogni gennaio le pensioni degli italiani si adeguano al tasso di inflazione. Il meccanismo si chiama della perequazione e deriva da quello che i nostri padri ricorderanno sicuramente come uno dei provvedimenti più importanti del dopoguerra, cioè la cosiddetta “scala mobile”. Nel 1945 infatti fu introdotto il meccanismo automatico di rivalutazione dei salari dei lavoratori.

In pratica un meccanismo che, seguendo il tasso di inflazione, faceva salire gli stipendi per non far perdere potere di acquisto ai lavoratori. Meccanismo identico anche sulle pensioni ed oggi non si fa altro che proseguire su questa strada. E le pensioni ogni anno seguono l’andamento dell’indice dei prezzi dell’ISTAT, godendo di aumenti ogni anno. Aumento pensioni, ecco chi prenderà dei soldi in più.

Aumento pensioni, ecco chi prenderà 144 euro di arretrati e 90 euro circa di aumento con la perequazione

L’indicizzazione delle pensioni anche a gennaio 2024 sarà abbastanza cospicua perché elevata è stata l’inflazione registrata in questo 2023. Secondo i dati di luglio, l’inflazione è stata al 5,3%, ma è facile ipotizzare che alla fine dell’anno si arriverà ad una inflazione tra il 5,5% ed il 5,9%. A gennaio i pensionati riceveranno pure la differenza di indicizzazione avuta quest’anno, perché l’INPS ha adeguato i trattamenti in misura pari al 7,3% di inflazione. Ma questo era il tasso previsionale ISTAT che diventando definitivo è salito all’8,1%.

In pratica sono 0,8 punti percentuali in meno di aumento che i pensionati hanno ricevuto e che invece era spettante. Ed a gennaio a conguaglio dovrebbero ricevere ciò che non hanno ricevuto per tutti i 12 mesi del 2023. E per un pensionato con assegno pari a 1.500 euro al mese significa ricevere qualcosa come 144 euro di conguaglio a gennaio (12 euro di aumento da gennaio 2023 a dicembre 2023).

Oltre al conguaglio, nuovi aumenti in arrivo e sono di importo rilevante

La perequazione delle pensioni come stabilito nella prima Legge di Bilancio dell’attuale Governo, fu ritoccata a 6 scaglioni per sostenere di più le fasce meno abbienti dei pensionati. Stabilito il tasso di inflazione da usare, ogni fascia ha la sua percentuale di perequazione. Nello specifico abbiamo:

  • 100% del tasso di inflazione per le pensioni fino a 4 volte il trattamento minimo INPS;
  • 85% per pensioni comprese tra 4 e 5 volte il trattamento minimo;
  • 53% per pensioni comprese tra 5 e 6 volte il trattamento minimo;
  • 47% per pensioni comprese tra 6 e 8 volte il trattamento minimo;
  • 37% per pensioni comprese tra 8 e 10 volte il trattamento minimo;
  • 32% per i trattamenti superiori.

Oggi abbiamo il dato ufficiale di agosto che secondo l’ISTAT ha portato al 5,5% il tasso. Per questo aggiorniamo le stime di cui abbiamo parlato in altri nostri articoli in cui eravamo rimasti prudenti sul 5,3% di inflazione di cui si parlava tra fine giugno e inizio luglio. Significa che se davvero l’inflazione che verrà utilizzata sarà al 5,9%, una pensione da 1.500 euro al mese, che rientra nel primo scaglione a indicizzazione piena, prenderà un aumento di 90 euro che la porterà da 1.512 euro (dopo il residuo di aumento da conguaglio), a oltre 1.600 euro al mese.

In attesa che i dati sull’inflazione siano resi ufficiali dall’ISTAT, questo il conteggio da fare in previsione dei ratei di pensione in pagamento a gennaio. Aumenti che il Governo non può non erogare comunque. Lo dimostra il fatto che parlando di riforma delle pensioni, le dotazioni finanziarie della Legge di Bilancio (per il pacchetto pensioni saranno probabilmente 4 miliardi dei 40 miliardi di cui consta la nuova manovra) sono poche alla luce delle spese da sostenere per indicizzare le pensioni.

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