Si moltiplicano i segnali d’insofferenza delle banche verso chi tiene troppi soldi sul conto corrente. L’iniziativa più clamorosa è quella di chiudere il conto ai clienti che lasciano troppo denaro in giacenza. Ma, per venire incontro alla clientela spesso si offre l’investimento nei titoli di Stato senza pagamento di commissioni. Questo per invogliare i correntisti non solo ad abbassare la giacenza sul conto corrente, ma anche a comprare obbligazioni emesse dallo Stato. Ma siamo sicuri che l’investimento in titoli di Stato oggi sia conveniente? L’acquisto di alcune obbligazioni governative potrebbe portare a minusvalenze sul capitale investito. Quindi attenzione perché migliaia di risparmiatori potrebbero perdere moltissimo con questi titoli di Stato. Vediamo perché.
Non sempre un investimento in titoli di Stato porta a un guadagno
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La manovra è spingere i clienti a investire in titoli di Stato. Ma il rischio è che molti di questi, non conoscendo bene il mercato delle obbligazioni, possano fare degli investimenti in perdita. Infatti, se è vero che i titoli di Stato sono un investimento sicuro, non necessariamente sono un investimento conveniente. Non sempre l’investimento in un BTP, in BOT o in un CCT, garantisce che a scadenza si abbiamo più soldi. Anche se si attende la scadenza e ci si garantisce il rimborso. Vediamo di capire meglio perché un risparmiatore può rischiare di avere una perdita investendo in un titolo di Stato e quali sono quelli da evitare.
Una caratteristica di un titolo di Stato è quella di sapere in anticipo l’importo che verrà rimborsato al momento della scadenza dell’obbligazione governativa. In genere per i Buoni del Tesoro Poliennali, il rimborso è alla pari. Ovvero, per ogni titolo posseduto, alla scadenza sul conto corrente vengono accreditate 1.000 euro, il valore nominale. E questo indipendentemente dal momento in cui lo si è comprato e dal prezzo d’acquisto. Ed è proprio il prezzo d’acquisto che determina se a scadenza il rendimento finale sarà positivo o si registrerà una perdita. Può accadere che la differenza tra il valore del rimborso dell’obbligazione e il valore di acquisto, sia negativa. Se l’incasso delle cedole non è sufficiente a pareggiare la perdita, l’investimento darà una minusvalenza.
Attenzione perché migliaia di risparmiatori potrebbero perdere moltissimo con questi titoli di Stato
Facciamo un esempio pratico. Immaginiamo di volere disinvestire 100mila euro da un conto corrente e di cercare un investimento sicuro e altrettanto liquido. Una soluzione potrebbe essere quella di comprare 100.000 euro nominali di un BTP con scadenza tra due anni. Per esempio il BTP scadenza a maggio 2023 (Isin: IT0004898034), magari anche attratti dalla cedola lorda pari al 4,5% annuo. L’acquisto oggi di 100mila euro nominali comporta un esborso di 109.600 euro, perché il BTP quota 109,6 centesimi.
A scadenza, a maggio 2023, il capitale rimborsato sarà di 100.000 euro. Quindi avremo una perdita in conto capitale di 9.600 euro. Anche se nel frattempo avremo incassato due cedole lorde del 4,5%. Ma queste non sono sufficienti a compensare la perdita dei 9.600 euro. Investendo adesso nel BTP maggio 2023 e tenendolo fino al rimborso, si avrà una perdita netta dello 0,5% sul valore dell’investimento.
Attualmente tutti i BTP con scadenza fino al 2025 hanno un rendimento a scadenza negativo. Così come tutti i BOT e tutti i CCT di qualsiasi durata oggi scambiati sul mercato.