La vita di una coppia sposata può risultare talvolta difficile. Quando le differenze caratteriali e le divergenze di comportamento superano un certo livello, diventa fisiologico pensare alla separazione. Si tratta ovviamente di un momento delicato, ma che viene assistito da una precisa normativa pensata per accompagnare la coppia verso la fine del rispetto dei doveri coniugali.
In particolare, l’ordinamento italiano prevede una fase preliminare di separazione, cui dopo un determinato periodo di tempo può seguire il divorzio. Non avviene nulla di particolarmente complesso da un punto di vista giuridico, quando entrambe le parti sono decise ad affrontare il passaggio. Infatti, il procedimento di separazione consensuale si conclude con un decreto del tribunale.
Diverso invece è il caso in cui ci sia una divergenza. Per il giudice sarebbe allora più complesso valutare la situazione complessiva, visto che il matrimonio è pur sempre un negozio giuridico in cui le parti assumono un impegno reciproco.
Un criterio molto rilevante cui prestare attenzione
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La parte decisa ad interrompere il vincolo potrebbe comunque ottenere la separazione giudiziale dimostrando l’esistenza di fatti tali da rendere intollerabile per sé o per i figli la convivenza. A questo punto si aprirebbe una fase intermedia in cui a permanere è solo l’obbligo di versare il mantenimento per i figli o per il coniuge economicamente più debole. Ma per il resto i coniugi non sono più tenuti a rispettare i doveri coniugali.
Nel corso della separazione i coniugi devono fare attenzione a porre in essere atti coerenti con la loro volontà: il giudice infatti per valutare la sussistenza o meno della volontà di riconciliarsi, farà riferimento ad alcuni parametri.
Questo avviene anche con il requisito della convivenza. Così, attenzione perché in caso di separazione giudiziale risulta decisivo cosa scegliamo di fare. Potrebbe sembrare una scelta poco sensata. Ma ci potrebbero essere varie ragioni che spingono a non cambiare la dimora che utilizzavamo in coppia: magari economicamente può risultare di gran lunga conveniente. Cercare un appartamento nelle grandi città può essere molto dispendioso e affrontare un trasloco può essere complicato, oltre che psicologicamente provante. Insomma, per una serie di facilitazioni burocratiche e materiali i coniugi potrebbero decidere provvisoriamente di mantenere lo stesso domicilio.
Attenzione perché in caso di separazione giudiziale potrebbe bastare questo comportamento per rendere vani molti sforzi compiuti
Questo sarebbe un errore molto grave, visto che il giudice potrebbe considerare il fatto della convivenza quale segno implicito di riconciliazione. Di certo, assieme a questo criterio dovrà considerare la persistenza di altri fattori, quali la continuità e la persistenza del vincolo materiale e spirituale. Ma è indubbio che dimostrarne la sussistenza sarebbe molto più agile per la parte che non vuole la separazione.
Il rischio concreto è che la procedura di separazione si ritenga risolta. Il coniuge interessato alla separazione perderebbe così sforzi e tempo per un atto di comodità pratica o di facilità economica. Ricordiamoci peraltro che il criterio della convivenza viene ritenuto decisivo anche in altre situazioni aventi conseguenze giuridiche. Tra queste c’è l’unione di fatto. In quel caso la convivenza rappresenta la ragione per cui, in caso di morte di un convivente, l’altro ha diritto non solo all’eredità, ma anche ad un altro importante diritto.
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