La principale domanda che molti si fanno sulla pensione futura, non è quando potranno andare in pensione, ma con che importo. Naturalmente parliamo di chi ha una carriera lavorativa di vecchia che permette di guardare con fiducia alle possibilità di andare in pensione. Perché chi lavora poco e chi ha pochi anni di contributi, non può certo guardare alla sua pensione futura, soprattutto con quello che si dice sulla riforma delle pensioni e sugli inasprimenti dei requisiti. Attenzione, con 1.200 euro di stipendio prendi una pensione da fame!
Ma di che importo darà la propria pensione è un dubbio che hanno molti lavoratori in procinto di andare in quiescenza. Tra simulatori e strumenti di calcolo più o meno veritieri, ecco una guida dettagliata su come si calcola la pensione, per esempio, di chi prende uno stipendio di 1.200 euro al mese.
Attenzione, con 1.200 euro di stipendio prendi una pensione da fame domani, ecco il rischio che si corre
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C’è chi sostiene che oggi, alla luce dell’aumento del costo della vita, lo stipendio sia insufficiente. Anche uno stipendio di 1.200 euro al mese serve a poco e non permette di arrivare a fine mese per chi lo prende. Ma se dicessimo che con uno stipendio di questo genere dopo una vita da povero, si finirà con una vecchiaia ancora più povera? Con le regole attuali del sistema e con gli scenari futuri di cui si parla, questi stipendiati rischiano di prendere una pensione troppo bassa per vivere dignitosamente. E parliamo di uno stipendio ben più alto della media dati dell’ISTAT, che pochi giorni fa in uno studio riferito al 2021 sottolinea che il 33% dei lavoratori dipendenti prende uno stipendio al di sotto dei 1.000 euro.
Aliquota contributiva e calcolo della pensione
Il 33% dei lavoratori prende uno stipendio sotto 1.000 euro. Ma il 33% è anche l’aliquota contributiva che si utilizza per pagare i contributi. Nel Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti (FPLD), un lavoratore accantona per la pensione futura il 33% del suo stipendio mensile. Questo accantonamento finisce nel montante contributivo che funziona come una specie di salvadanaio. Tutti i soldi che alla fine vengono messi nel montante, determinano dopo la loro rivalutazione e dopo il passaggio per i coefficienti di trasformazione, la pensione mensile percepita. Anche se il sistema ormai si basa sui contributi versati e non sugli stipendi presi (nel sistema retributivo la pensione era calcolata sugli ultimi anni di stipendio), il salario di un lavoratore conta. Più è alto lo stipendio più vale il 33% di accantonamento.
Le regole del sistema previdenziale italiano, i coefficienti e i calcoli della pensione
Come detto per calcolare la pensione si parte dal montante contributivo, passando per dei coefficienti che sono tanto meno favorevoli quanto più bassa è l’età di uscita. Nello specifico i coefficienti con cui si trasforma il montante in pensione sono i seguenti, elencati in base all’età in cui si esce dal lavoro:
- 57 4,270%;
- 58 4,378%;
- 59 4,493%;
- 60 4,615%;
- 61 4,744%;
- 62 4,882%;
- 63 5,028%;
- 64 5,184%;
- 65 5,352%;
- 66 5,531%;
- 67 5,723%;
- 68 5,931%;
- 69 6,154%;
- 70 6,395%;
- 71 6,655%.
Ipotizzando 1.200 euro di stipendio medio per tutta la carriera, con 33% di aliquota e questi coefficienti, non è difficile arrivare a capire quanto si prenderà di pensione. Uno stipendio di 1.200 euro al mese vale 15.600 euro annui e un accantonamento di 5.148 euro (33% aliquota contributiva). Se un lavoratore matura 20 anni di contribuzione, avrà un montante di 102.960 (che va rivalutato al tasso di inflazione), che genera una pensione a 67 anni (coefficiente 5,723%) pari a circa 6.000 euro annui (senza rivalutazione, pensione da 5.892,40 euro). Significa poco più di 450 euro al mese.