Secondo la recente Ordinanza della Cassazione (la numero 36802/2022) il mancato riconoscimento dell’assegno divorzile scatta anche considerando spese ingiustificate ed altri parametri. Vediamo di quali si tratta.
La vita degli ex coniugi in seguito alla separazione, prima, ed al divorzio poi, continua spesso tra insidie e disaccordi. La situazione non giunge a conseguenze problematiche, normalmente, se vi è consenso tra le parti in merito alla separazione. Addirittura, in alcune circostanze l’atto giuridico è praticamente gratuito, potendosi fare a meno dell’avvocato e delle spese processuali.
Ben diverso è quando gli ex coniugi hanno figli minori, oppure non compiono la scelta consensualmente ma per l’omissione di un dovere di una parte. Peraltro, in caso di necessità sussiste talvolta l’obbligo di versamento dei cosiddetti “alimenti”, ovvero del sostegno economico finalizzato alla realizzazione delle necessità umane minime. Ma bisogna prestare attenzione alle spese dell’ex coniuge divorziato, poiché potrebbe capitare che il giudice decida di non assegnare l’assegno.
Una sentenza molto importante
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Nella recentissima Ordinanza 36802/2022 la Cassazione sembra confermare la valutazione di un parametro importante nella definizione dell’assegno nei confronti dell’ex coniuge divorziato. Ovvero l’analisi delle sue spese, specie se la qualità e la quantità delle uscite sembrano indicare la percezione di altre forme di reddito. Nel caso concreto, una donna, ex coniuge, chiedeva il riconoscimento di un assegno divorzile in seguito al recente licenziamento dal luogo di lavoro. Ed in considerazione dalla difficoltà nel trovare un’altra occupazione per mancanza di specializzazione.
Ma, oltre a essersi concretamente attivata debolmente per ricercare una nuova attività lavorativa, sembrava potersi permettere uno stile di vita superiore rispetto all’importo dell’indennità di disoccupazione percepito. Il regolare pagamento delle quote del finanziamento, del canone di locazione, di spese mediche e di rate per il pagamento della macchina, oltre a spese relative alla carta di credito, indicavano infatti una solidità economica ben diversa rispetto al dichiarato.
La Corte ha interpretato questi segnali come l’evidenza di una fonte di reddito non dichiarata, e che dunque avrebbe reso ingiusta l’assegnazione dell’assegno divorzile. A pesare sul giudizio della Corte c’era anche la considerazione del passato impegno da parte dei due membri della coppia di regolare i reciproci rapporti sulla base di reciproca indipendenza economica. Inoltre, i giudici hanno ritenuto insussistente il contributo della donna alla posizione lavorativa dell’ex coniuge, aspetto che avrebbe potuto configurare una base ulteriore per la richiesta dell’assegno.
Attenzione alle spese dell’ex coniuge divorziato, visto che il giudice potrebbe decidere contro l’assegno
Questa sentenza si pone così sulla linea delle recenti pronunce e che sembrano indicare una generale maggiore attenzione alle reali e concrete dinamiche della vita di coppia. Il rischio altrimenti sarebbe quello di giungere a conclusioni paradossali e lesive della libertà economica di una delle parti. Si tratta di interpretazioni relative ad uno dei caposaldi del sistema, ovvero l’articolo 5, c.6, della Legge 898/70.
La sentenza di divorzio, quando pronunciata, dovrebbe vedere nella comunicazione al Comune di riferimento una naturale conseguenza. Ma questa potrebbe non avvenire per una pluralità di ragioni, costituendo così una serie di problemi per i soggetti coinvolti.