Non sembra trovare una vera e propria via d’uscita la nuova Opzione donna nella Legge di Bilancio 2023. Inizialmente prevista con dei paletti, la misura non piace. E molto probabilmente sarà rivista e prorogata così com’è. Ma con un’insidia ben nascosta per le lavoratrici del pubblico impiego. Una cosa che fino ad ora non era prevista nelle precedenti versioni della misura. Vediamo qual è e cosa comporterebbe.
L’Opzione donna sarà prorogata anche nel 2023 e permetterà l’uscita anticipata alle lavoratrici che hanno raggiunto i requisiti entro la fine del 2022. Ma quali requisiti ancora non è chiaro. Perché le modifiche apportate in itinere a questa misura, ormai, non si contano. Proroga secca, età in base ai figli, dai 58 ai 60 anni, solo per alcune categorie. Ora sembrerebbe che il Governo voglia fare marcia indietro e proporre una proroga senza eccessivi cambiamenti. Ma attenzione alla nuova uscita a 58 anni, visto che potrebbe avere delle trappole nascoste per chi lavora nel settore pubblico.
L’iter dell’Opzione donna
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La proroga della misura era stata annunciata già in campagna elettorale. Quindi era pressoché certa. Ma non si sapevano i termini. E mentre l’APE sociale è stata rinnovata per un altro anno così com’è, per il regime sperimentale si sono apportate modifiche.
Nelle bozze della Legge di Bilancio era prevista un’uscita tra i 58 ed i 60 anni per le lavoratrici in base ai figli avuti. E l’uscita a 58 anni era limitata solo a chi aveva avuto almeno 2 figli. Poteva, invece, uscire a 59 anni chi di figli ne aveva avuto almeno 1 e a 60 anni chi non ne aveva avuti.
Oltre alla discriminante dei figli anche quella del profilo
Ma non bastava la discriminante dei figli. E neanche le gravi penalizzazioni che la misura impone con il ricalcolo interamente contributivo dell’assegno previdenziale. A tutto ciò la bozza aggiungeva un’altra limitazione: accesso consentito solo a 3 profili tutelati. Ovvero caregiver, invalide e disoccupate.
In questo modo soltanto una manciata di lavoratrici avrebbero potuto cogliere la misura. E non sarebbe più servita per lo scopo per cui era concepita. Ovvero favorire il pensionamento delle donne che sono, da sempre, una categoria da tutelare dal lato previdenziale.
Attenzione alla nuova uscita a 58 anni, senza la variabile figli mette a rischio il TFS
Moltissimi degli emendamenti presentati alla Legge di Bilancio sono concentrati proprio su questa misura. A riprova che le modifiche apportate non sono state ben accolte. E proprio per questo si vocifera che nella versione definitiva della manovra dovrebbe sparire la variabile figli.
Ma in qualche modo si devono evitare contraccolpi immediati sulle casse dello Stato e proprio per questo l’ipotesi che si fa strada è un’altra. Uscita a 58 anni sì, ma per le lavoratrici pubbliche molto probabilmente il TFS slitterebbe dopo il compimento dei 67 anni. Questo significherebbe un’attesa di circa 9 anni per ricevere la buonuscita spettante.