La riforma delle pensioni è ancora in stallo. Nessuna decisione, quindi, sulla misura flessibile da inserire nel 2023 per mitigare gli effetti della Legge Fornero. In ogni caso da diversi mesi il Governo afferma che l’unico modo per rendere sostenibile il sistema previdenziale è con il ritorno al contributivo. E questo fa supporre che qualsiasi misura flessibile venisse inserita, chiederà un ricalcolo interamente contributivo. Quali sono gli effetti di questo ricalcolo sull’assegno, purtroppo lo sappiamo tutti. E nella maggior parte dei casi è meno conveniente per il lavoratore.
Anche se è vero che in ogni caso l’anticipo ha un costo, anche senza penalizzazioni, è sempre meglio mantenere l’importo più alto possibile. Questo per garantirsi una vecchiaia serena e senza troppe preoccupazioni. Ma andranno in pensione senza arrivare a 67 anni solo i lavoratori che riusciranno a soddisfare determinati requisiti. E senza ricalcolo contributivo.
Che succederà nel 2023 senza riforma?
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Se il Governo non dovesse prendere alcuna decisione prima della fine del 2022, cosa accadrebbe in ambito previdenziale? Si assisterebbe alla scadenza della Quota 102 che, attualmente, prevede il pensionamento a 64 anni maturando almeno 38 anni di contributi. Al tempo stesso senza alcun intervento dovremo dire addio anche a:
- APE sociale che attualmente è stata prorogata fino al 31 dicembre 2022;
- Opzione donna che permette, con l’attuale proroga, il pensionamento di chi raggiunge i requisiti entro il 31 dicembre 2021.
Di fatto, 3 importanti misure che attualmente permettono l’anticipo verrebbero meno. Rendendo il pensionamento sicuramente più difficile per moltissimi.
Andranno in pensione senza arrivare a 67 anni nel 2023 questi fortunati lavoratori che si salvano dalla riforma
Potrebbero pensionarsi, quindi, senza arrivare ai 67 anni, solo pochi fortunati lavoratori. Perchè le misure che restano in vigore, pur essendo molteplici, hanno requisiti molto rigidi:
- la pensione anticipata ordinaria richiede 42 anni e 10 mesi di contributi maturati per gli uomini. Per le donne un anno in meno. Si tratta, comunque di un requisito difficilmente raggiungibile;
- la pensione Quota 41 che però, non solo è destinata solo ai precoci, ma richiede anche di rispettare determinati profili di tutela;
- la pensione anticipata contributiva che pur richiedendo solo 64 anni di età e 20 anni di contributi, prevede un terzo requisito difficilmente raggiungibile. È necessario, infatti, aver maturato un assegno previdenziale di almeno 2,8 volte l’assegno sociale. Si parla, quindi, di una pensione mensile di almeno 1.310 euro.
Potranno continuare a pensionarsi prima dei 67 anni anche gli invalidi con percentuale di almeno l’80%. Ma a patto di aver versato almeno 20 anni di contributi e di lavorare nel settore privato. Resta aperta anche la porta della RITA. Ma questa misura, non erogata dall’INPS, riguarda solo chi ha un fondo previdenziale complementare.
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