Opzione donna, tra le misure di pensionamento anticipato, ci sarà anche nel 2023. E questo è sicuro. In accordo con la mini riforma delle pensioni del Governo Meloni. Quella che porterà pure alla proroga nel 2023 per l’APE sociale.
E pure all’introduzione, rispetto alla Quota 102 che andrà in scadenza alla fine del corrente anno, della Quota 103. Che è nota anche come Quota 41 ibrida. Per la precisione, la misura di pensionamento anticipato Opzione donna per il 2023 è stata leggermente rivista rispetto alle condizioni vigenti per tutto il 2022. Ciò poiché il Governo guidato dalla Premier Giorgia Meloni, per il requisito dell’età, ha introdotto la variabile figli.
Per andare in pensione dal prossimo anno torna in auge l’Opzione donna senza modifiche
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Pur tuttavia, per possibili rischi di incostituzionalità, il restyling della misura potrebbe saltare. E quindi Opzione donna nel 2023 potrebbe essere perfettamente uguale alla misura di accesso alla pensione, per le lavoratrici autonome e per quelle dipendenti, vigente per il 2022.
Nel dettaglio, per andare in pensione dal prossimo anno, Opzione donna 2023 rivista prevede i classici 35 anni di contributi previdenziali versati. Nonché 58 anni di età per le donne con almeno due figli. 59 anni con un solo figlio. E 60 anni di età in tutti gli altri casi.
Mentre l’Opzione donna in essere per il 2022 non tiene conto del numero dei figli, ma del tipo di occupazione. Precisamente, servono 35 anni di contributi previdenziali versati e 58 anni di età per le lavoratrici dipendenti. E 59 anni di età per le lavoratrici autonome. Con lo stesso requisito contributivo. Ma senza dimenticare che per Opzione donna, così come prevede la misura, i requisiti anagrafici e contributivi devono essere maturati entro la fine dell’anno precedente.
Il tema caro al centrodestra sulla natalità e sulla genitorialità è applicabile a questa misura?
L’Opzione donna 2023 rivista, quindi, sarebbe basata su tre soglie d’età. Ma parametrare il tutto non in base al tipo di occupazione, ma al numero dei figli, potrebbe far sorgere dei dubbi. Quelli relativi, come detto, alla costituzionalità della misura. Anche perché, rispetto ai requisiti di età attuali, con l’Opzione donna 2023 le lavoratrici che sono senza figli sarebbero a conti fatti quelle più penalizzate.
D’altronde il Governo italiano di centrodestra ha a cuore la natalità e la genitorialità. Ma questa visione applicata ad Opzione donna non solo farebbe emergere il rischio di incostituzionalità, ma potrebbe essere anche poco gradita all’universo femminile. In un Governo italiano che, per la prima volta nella storia, è guidato da una donna.