La riforma della pensione è in una fase di stallo. Anche se esecutivo e parti sociali avrebbero dovuto giungere a una soluzione del problema previdenziale prima del DEF, così non è stato. E siamo ormai giunti quasi a metà anno, senza avere una nuova flessibilità in uscita che tamponi la scadenza della Quota 102. Ovviamente il Governo ha avuto altre priorità tra la fine della pandemia e il conflitto ucraino. Ed ha dovuto correre ai ripari per contrastare l’aumento dei prezzi delle materie prime che hanno portato ad un brusco innalzamento delle bollette dell’energia elettrica.
Proprio per questo è stato istituito per quasi tutti i cittadini il Bonus da 200 euro che dovrebbe arrivare a luglio. Resta un grosso punto interrogativo per quel che riguarda la materia previdenziale anche se le ipotesi avanzate sono molteplici. Andare in pensione da 61 anni in poi potrebbe essere possibile dal 2023 grazie alla proposta avanzata dai Consulenti del Lavoro.
I requisiti
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Secondo un’analisi di Fondazione Studi Consulenti del Lavoro la soluzione per riformare la previdenza italiana potrebbe essere quella di formule più elastiche. I lavoratori con un’età che varia tra i 61 e i 66 anni hanno più o meno 34 anni di contributi versati. Questo significa che molti di questi lavoratori non hanno possibilità di accedere a misure come Quota 100 e Quota 102.
Ma rendendo queste due misure più flessibili si potrebbe allargare la platea dei beneficiari di quasi il doppio. Serve, quindi, secondo i consulenti del lavoro, un requisito contributivo inferiore a 38 anni. E 34 anni di versamenti sembra essere il limite ideale per fissare il paletto di accesso. Ovviamente si deve tenere conto anche della necessità di contenere la spesa pubblica e rendere l’eventuale misura sostenibile.
Andare in pensione da 61 anni in poi e con almeno 34 anni di contributi dal 2023 con questa misura
Per la sostenibilità delle misure, i consulenti del lavoro vedono due scenari possibili:
- da una parte mettere in pratica un ricalcolo contributivo della pensione anche per quote retributive;
- dall’altra una riduzione percentuale in base agli anni di anticipo. In questo caso si metterebbe in pratica un meccanismo molto simile a quello inizialmente previsto dalla riforma Fornero.
In ogni caso quello che si evidenzia è la necessità di una misura che permette il pensionamento a partire dai 61 anni e con soli 34 anni di contributi. Ma questo non significa che potrebbe pensionarsi il lavoratore che raggiunge entrambi questi requisiti. Ma solo che si dovrebbe permettere l’accesso alla pensione a quote e stabilendo paletti diversi:
- 61 anni di età e 39 anni di contributi;
- 62 anni di età e 38 anni di contributi (l’attuale Quota 100);
- 63 anni di età e 37 anni di contributi;
- 64 anni di età e 36 anni di contributi;
- 65 anni di età e 35 anni di contributi;
- 66 anni di età e 34 anni di contributi.
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