Anche se si attendeva già da tempo, nessuna decisione è ancora stata presa sulla riforma pensioni. Pandemia prima, conflitto in Ucraina poi, il Governo sembra avere altre priorità al momento. Tra le quali spicca il contrastare il caro bollette. Per risolvere il problema di milioni di italiani alle prese con tariffe troppo alte, infatti, il Governo vara il Decreto Aiuti. Che prevede, tra le altre cose, un Bonus erogato a chi possiede specifici requisiti.
Priorità, quindi, stravolte dagli eventi . Nonostante questo ci sono sempre ipotesi e proposte per permette una maggiore flessibilità in uscita già dal 2023. Andare in pensione 3 anni prima potrebbe essere esteso a tutti con la pensione a due tempi
I due tempi della riforma
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Uscire dal lavoro con un certo anticipo è possibile anche ora e sono ben 6 le misure che lo permettono. Ma il prossimo anno potrebbe essere più difficile e per questo serve una riforma. Una proposta che spicca sulle altre è senza dubbio quella avanzata, inizialmente, da Pasquale Tridico, presidente dell’INPS. Si tratta della pensione a due tempi, una quota prima e una dopo il compimento dei 67 anni. Una misura che permetterebbe anche a chi ha pochi anni di contributi di poter accedere all’anticipo pensionistico.
Per tutto il 2022, infatti, la Quota 102 resterà in vigore permettendo l’uscita a 64 anni a chi ha maturato 38 anni di contributi. Ma dal 2023, senza un intervento, si potrebbe andare in pensione solo a 67 anni o, in alternativa, con 42 anni e 10 mesi di contributi. Proprio per questo motivo serve una decisione entro la fine dell’anno e i sindacati premono per avere conferme dal governo.
Andare in pensione 3 anni prima potrebbe essere possibile per tutti nel 2023 con la misura a due tempi che richiede questi requisiti
La pensione a due tempi prevede un’uscita anticipata per tutti a 64 anni con almeno 20 anni di contributi maturati. Una misura che, in parte ricalca quella anticipata contributiva dedicata solo a chi non ha nessun contributo versato prima del 1996. Estendere a tutti la pensione a 64 richiederebbe un ricalcolo interamente contributivo, ma la misura in questione prevede altre cose.
L’ipotesi richiede, infatti, un pensionamento a 64 anni con solo liquidazione della quota contributiva dell’assegno. A patto che l’importo sia pari ad almeno 1,2 volte l’assegno sociale INPS. La quota retributiva della pensione, invece, sarà liquidata a 67 anni. E solo al compimento di questa età il pensionato potrà ricevere l’assegno pieno di pensione che gli spetta.
È da sottolineare, però, che anche se venisse varata questa misura con il pensionamento a due quote, si tratterebbe di una adesione volontaria. E accederebbe, di fatto, solo chi ne fa esplicita richiesta.
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