Le movimentazioni sul conto corrente rappresentano una importante fonte di informativa per l’Agenzia delle Entrate che periodicamente effettua delle verifiche sui contribuenti. Tale sistema permette di capire se sono presenti ricavi non dichiarati che il risparmiatore ha omesso di dichiarare al Fisco con le rispettive conseguenze. Nel presente articolo approfondiamo una recentissima sentenza della Corte di Cassazione che ha messo in evidenza alcuni aspetti relativi a specifici versamenti bancari. Anche per questa operazione al bancomat partono accertamenti dall’Agenzia delle Entrate sul conto corrente e di seguito scopriamo di cosa si tratta.
Cosa fare per non insospettire il Fisco
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Quando si compiono le operazioni bancarie sul proprio conto corrente o su quello della propria azienda è sempre utile prestare la massima attenzione. In questi momenti è frequente che i risparmiatori si facciano assalire da alcuni dubbi o incertezze relative a specifiche operazioni. Immaginiamo il caso di versamenti di denaro contante in banca. Oppure, occasioni in cui si debba effettuare un bonifico bancario e non si abbia chiara idea di come compilare la causale. A tal proposito, in un precedente approfondimento abbiamo illustrato qual è la causale giusta di un bonifico per evitare accertamenti dell’Agenzia delle Entrate. Come evidenzia una recente pronuncia della Cassazione, anche altre operazioni bancarie possono diventare oggetto di verifiche laddove si rilevino delle discrepanze. In simili circostanze, spetterà al risparmiatore stesso fornire delle prove analitiche che attestino la regolarità della movimentazione bancaria.
Anche per questa operazione al bancomat partono accertamenti dall’Agenzia delle Entrate sul conto corrente
Lo spunto per un ulteriore chiarimento giunge questa volta dall’operazione di versamento di un assegno. L’imprenditore che versa l’assegno sul propri conto corrente e non dichiara tale importo in sede di dichiarazione dei redditi cosa rischia? In questo caso, l’Agenzia delle Entrate provvede ad avviare un accertamento per mezzo del quale richiede il pagamento dell’imposta sul ricavo e delle rispettive sanzioni. Ciò accade perché i versamenti di denaro, siano essi in contanti, bonifico o assegno, si considerano ricavi in nero fino a prova contraria.
Questo è quanto stabilisce l’articolo 32 del D.P.R. n. 600/1973. Ciò significa che è onere del contribuente fornire delle prove che disconfermino tale presunzione di reato. È quanto rimarca la sentenza della Cassazione n. 24238/2021 del 8 settembre 2021. Nel caso in questione un imprenditore aveva versato un assegno circolare di 52.000 euro sul proprio conto in qualità di cessione di quote non imponibile. Non figurando in dichiarazione dei redditi, il Fisco ha avviato i dovuti accertamenti presumendo ricavi in nero. Gli Ermellini hanno dato ragione all’Agenzia delle Entrate. Spetta del soggetto in questione provare analiticamente che non si tratta di ricavi in nero adducendo prove di ogni singolo versamento bancario. Dunque, che si tratti di proventi precedentemente dichiarati o non soggetti a tassazione, l’onere della prova spetta sempre al contribuente in simili circostanze.
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