In quel di Parma lo spazio espositivo è aumentato. L’export di mozzarella di Bufala campana a differenza di altri comparti non ha subito un forte smacco dalla crisi dovuta alla pandemia. E alla Fiera Internazionale dell’Agroalimentare (Cibus) oltre allo stand interno è stato allestito uno spazio di 120 metri quadrati circa all’esterno del Padiglione 2. Pare anche sia in atto una nuova campagna di comunicazione per conquistare ancora nuovi mercati e buyer internazionali. Non fosse altro perché se il fattaccio della brucellosi dovesse uscire fuori da quel di Caserta, qualche spiegazione ai clienti d’oltralpe dovremmo pur darla.
Il caso
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Il problema della brucellosi non è faccenda di oggi. In Campania l’increscioso fenomeno persiste da qualche anno. Finora per tentare di mettere freno alla diffusione della patologia è stato previsto l’abbattimento dei capi infetti. La puntata di lunedì scorso di «Report» ha trasmesso un’inchiesta dal titolo «Bufale da macello». L’area maggiormente colpita riguarda il casertano dove anche le Bufale soffrono. In particolare l’inchiesta ha messo in luce dei dati che riguardano gli allevamenti.
Nello specifico, lo staff di Report, ha riferito che quando il 20% degli animali di una stalla è infetto, verrebbe abbattuto anche il restante 80%. Dal 2019 ad oggi sarebbero circa 300 le aziende che di fatto hanno chiuso i battenti e si conta un totale complessivo di circa 40mila capi macellati. Fin qui secondo l’inchiesta di RaiTre. C’è un paradosso. Molti animali abbattuti non risulterebbero infetti e sarebbero stati macellati tutti o quasi da un’azienda leader del mercato presente in Irpinia, in Provincia di Avellino. La Regione Campania invece dice il contrario. E cioè che il Piano prevede l’abbattimento dei soli capi contagiati.
Anche le bufale soffrono, cresce l’export ma anche la brucellosi ed è polemica sugli abbattimenti dei capi
Ad ogni modo è bene chiarire che comunque il consumo di mozzarella di Bufala non comporterebbe alcun rischio. Questo perché il latte viene lavorato e portato ad una temperatura altissima tale da non comportare la sopravvivenza del batterio. Nel casertano sarebbero stati individuati diversi focolai. La soluzione sarebbe quella di individuare subito i contagiati reali, garantire condizioni di smaltimento a norma di legge, nonché scongiurare il sovraffollamento nelle stalle.
La replica della Regione Campania
L’Ente di Palazzo Santa Lucia ha tenuto apposita conferenza stampa. La Regione ha precisato «massima trasparenza, rigore nell’applicazione del Piano e vicinanza agli allevatori, che stanno vivendo un periodo di grande difficoltà». Ancora nel corso della conferenza stampa Antonio Limone, direttore generale Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno, è entrato nel merito della trasmissione Report. Ha dichiarato: «non è vero che abbiamo abbattuto animali sani. Abbiamo abbattuto animali positivi alle prove previste per legge, proprio per impedire la diffusione della malattia. Non è vero che abbiamo abbattuto 140.000 capi. Dal 2011 abbiamo abbattuto per tubercolosi 21.964 capi e per brucellosi 67.843 capi. Al momento, negli allevamenti con sospensiva agli abbattimenti ci sono 1.774 capi per brucellosi e 1.165 capi per tubercolosi, bloccati dai ricorsi in area cluster. Lasciare in vita questi capi rappresenta una importante fonte di diffusione delle malattie».
I dubbi
Se non è vero che sono stati abbattuti animali sani, allora rimane da chiarire il dubbio sulla destinazione delle bestie macellate. Quindi delle carni. Il quesito rimane aperto e anche le Bufale soffrono. Gli Enti e le autorità competenti certamente faranno chiarezza nell’interesse dei consumatori. Senza dubbio tutto il clamore del momento può sincerarci sull’attenzione che viene posta sul controllo delle Bufale. Ad ogni modo durante la trasmissione Report è stato dichiarato che «è dovuta intervenire la Magistratura per ottenere i dati dall’ASL di Caserta».
Intanto in quel della Fiera di Parma c’è un gran da fare a livello di comunicazione sulla mozzarella di Bufala (sia Dop che non). A distruggere un brand ci vuole poco. Ricostruire può richiedere anche anni. Soprattutto se viene meno la fidelizzazione e la fiducia dei clienti.
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