Alimentazione e coronavirus: quale connessione

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Uno studio di recente pubblicazione sembra confermare il ruolo che può avere l’alimentazione rispetto al contagio da Coronavirus. Ad affrontare l’argomento è lo “Shangai Institute of Digestive Disease”, con un approfondimento apparso sul “Journal of Digestive Disease”. A finire sotto la luce dei riflettori il microbiota intestinale, di cui abbiamo già avuto modo di occuparci, e la polmonite da Covid-19. Ma ora vediamo più nel dettaglio il topic: “alimentazione e coronavirus: quale connessione”.

La relazione tra tessuto polmonare e intestino

Lo studio è partito dalle analisi condotte sulla popolazione contagiata di Whuan. Il focus è stato posto sull’interconnessione tra funzione intestinale e tessuto polmonare. Sembra addirittura che i primi sintomi manifestati da alcuni contagiati abbiano avuto a che fare con disturbi gastrointestinali. Da qui l’ipotesi che, per prevenire la comparsa dei sintomi o per curare risolutivamente la polmonite da Covid-19, sia fondamentale una buona salute a livello intestinale.

Alimentazione e coronavirus: quale connessione. Come migliorare la flora intestinale?

Ma come si fa a garantirsi una buona salute a livello d’intestino? Sentendo gli esperti che si sono avvicendati sul punto, un dato è certo. La nostra microflora intestinale è determinata da ciò che introduciamo nell’organismo. Il che significa: prestare molta attenzione al regime alimentare che si segue. Per cui, è bene sapere che un surplus di zuccheri e grassi può azzerare la microflora protettiva.

Ne consegue che se l’alimentazione dovesse essere troppo ricca di fruttosio, zuccheri, grassi e sale ciò avrà effetti distruttivi sulla microflora positiva. Quindi a nulla varrebbe l’assunzione di fermenti lattici a fronte di un’alimentazione non corretta. Via libera quindi alle fibre solubili di frutta, verdura e cereali, nutrienti ricchi di oligoelementi.

E visto che di vitamine non ce ne è mai abbastanza, una buona abitudine, specie per la popolazione più in là con gli anni, è quella di esporsi ai raggi del sole. Servirà a reintegrare la vitamina D, dopo i mesi di clausura che molti avranno subìto in mancanza di valvole di sfogo come giardini o terrazzi di famiglia.

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