Ogni cittadino deve pagare le tasse e, qualora non lo faccia, potrà subire le pesanti ripercussioni previste dalla legge. La prima mossa dello Stato per verificare l’evasione fiscale è quella di far scattare accertamenti dall’Agenzia delle Entrate ai danni del cittadino sospettato. Ma anche il Fisco a volte può sbagliare e, in questi casi, accertamenti fiscali e relative sanzioni sono da annullare.
Questo è quanto affermato dalla Cassazione, con la sentenza numero 21767 del 7 settembre 2018. Nella sentenza in questione, la massima Suprema Corte ha chiarito che in assenza di “preventivo contraddittorio” l’accertamento fiscale è da considerarsi nullo. Ma cosa significa, in parole povere, quanto stabilito dalla legge? Andiamo a chiarirlo di seguito.
Il caso della Commissione Tributaria Provinciale di Lecce e la non validità degli accertamenti fiscali
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Abbiamo detto che, a volte, anche l’Agenzia delle Entrate sbaglia le sue mosse e finisce per vanificare i provvedimenti che applica. In particolare, se il Fisco dimentica di chiamare in causa la parte accusata, allora sia l’accertamento che la relativa sanzione tributaria sono annullabili.
Per spiegare quello che abbiamo appena detto in modo più semplice, prendiamo ad esempio quanto sentenziato dalla Commissione Tributaria Provinciale di Lecce nel 2018. In quel caso, la Commissione ha annullato due accertamenti IVA (da 100.000 euro più 112.000 euro di sanzioni e 70.000 euro sempre più relative sanzioni). La ragione dell’annullamento è la mancata convocazione, da parte dell’Agenzia delle Entrate, della contribuente accusata. Insomma, il Fisco avrebbe dovuto ascoltare preventivamente le ragioni della cittadina, prima di emettere gli atti di accertamento. Non avendo rispettato questa norma, ha invalidato gli atti emanati.
Accertamenti fiscali e relative sanzioni sono da annullare se l’Agenzia delle Entrate dimentica questo semplice passaggio
Il motivo per cui l’Agenzia delle Entrate ha l’obbligo di ascoltare le ragioni della parte accusata, e non passare direttamente all’accertamento, è semplice. La sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Lecce può tornarci utile, anche in questo caso, a spiegare il perché.
Nel caso in questione, in seguito alle indagini, la Guardia di Finanza ha scoperto che era stata la commercialista a manipolare le dichiarazioni della contribuente. Dunque, la cittadina accertata dall’Agenzia era, in verità, parte lesa della vicenda. Se l’Agenzia l’avesse convocata per un confronto preventivo, come previsto dalla legge, probabilmente questo dettaglio sarebbe emerso. La parte accusata, insomma, avrebbe potuto dimostrare la propria innocenza prima di subire l’accertamento.
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