D’un colpo il Belpaese si è ritrovato senza l’approdo sicuro degli oligarchi russi con i loro yacht pronti a lasciare le coste italiane. Senza poter contare sul turismo d’élite russo e non in ultimo con la possibilità di rimanere senza gas. Per non parlare dell’aumento dei prezzi di pane e pasta. Insomma un bel casotto all’indomani (?) di una pandemia che sembra essere alle spalle, almeno nei suoi aspetti peggiori.
A mali estremi, estremi rimedi. C’è chi pensa a preparare il pane fatto in casa e chi “in casa” deve assolutamente trovare le energie per sostenere la baracca che conta circa 60milioni di cittadini. Il Governo d’intesa con i suoi dicasteri le sta pensando tutte. Tra le altre ipotesi al vaglio, la spinta sull’aumento dell’estrazione di gas interno e la rivalorizzazione delle centrali a carbone.
A tutto Gas, l’Italia ritorna al passato e guarda anche al carbone ed ecco dove sono i siti
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Tendendo d’occhio i dati del Ministero della Transizione ecologica l’Italia nel 2021 ha estratto 3,34 miliardi di metri cubi di gas naturale. Il fabbisogno però è stato di 76,1 miliardi di metri cubi. Una discrepanza notevole. Intanto i giacimenti in Italia sono dislocati in diversi punti. A darci lumi è il Pitesai (Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee). Il rapporto riferisce che i principali giacimenti di gas sono nel Mar Adriatico e in particolare nell’area dell’Emilia-Romagna e delle Marche. Poi dell’Abbruzzo e del Molise. Altri punti di estrazione sono nel canale di Sicilia e su questi pare si punti molto per arrivare ad un’operatività piena tra un paio d’anni.
I pozzi
Le fatiche volte all’interno per cercare di spronare al massimo i nostri giacimenti potrebbero portarci ad estrarre circa 5 miliardi di metri cubi che comunque non bastano rispetto ai consumi medi annui. Il Piano rende conto di oltre 1.000 pozzi di gas. Il punto è che di questi non tutti sono «eroganti». Infatti vengono ritenuti produttivi solo 514 siti mentre il resto non sarebbe in funzione. È plausibile pensare si punterà a portare tutti i pozzi esistenti ad un’estrazione piena. Così si potrebbe arrivare nel medio lungo termine ad una produzione interna di circa 20miliardi di metri cubi. Ma dobbiamo arrivare a 76,1. Quindi la strada è ancora in salita.
Il carbone
In realtà avremmo dovuto chiudere con il carbone nel 2025 per tener fede agli obiettivi della transizione energetica. Ma le cose sono presto cambiate. E se dovesse essere necessario, non è da escludere spingere al massimo pure sul carbone. In Italia ci sono sei centrali. Due in Sardegna, una vicino Venezia. Poi Monfalcone (nel Friuli), Brindisi e Torrevaldaliga (Civitavecchia). C’è poi La Spezia che però ha spento i fuochi da un paio di mesi. Ma potrebbe essere ripristinata. Anche per il carbone abbiamo importato molto ma adesso si profila l’idea di puntare tutto sulle centrali interne spostando in avanti di qualche anno il calendario. Le date e i tempi che ci eravamo prefissati nei tempi d’oro per chiudere col carbone e agevolare la transizione ecologica verso il total green.
A tutto Gas, l’Italia ritorna al passato e per questo guarda anche al carbone, ecco dove sono i siti. Ne vale il riscaldamento di uffici e scuole, abitazioni civili. Il funzionamento di imprese e aziende. Il resto, per adesso, appare un miraggio.