A sei mesi dalla guerra in Ucraina si guarda alle conseguenze delle sanzioni

Russia

Le sanzioni imposte alla Russia hanno indubbiamente intaccato le entrate che lo scambio garantiva a Mosca. Ma l’ex repubblica sovietica non ha certo assistito in maniera passiva alle conseguenze di tale decisione. Infatti sono stati rafforzati, e non di poco, i legami commerciali e politici tra gli altri partner internazionali. Il primo a cui si pensa, solitamente, è la Cina. Ma non c’è solo Pechino. A quanto pare anche la Turchia sembra aver registrato un aumento degli acquisti di energetici da Mosca.

Quest’ultima, poi, come conseguenza delle sanzioni, potrebbe evidenziare un’inaspettata resilienza. Infatti a sei mesi dalla guerra, sembra stiano tornando a nuova vita alcuni esercizi commerciali duty free che la caduta dell’Unione Sovietica aveva cancellato. Il riferimento è ai famosi berjozka che permettevano il rifornimento di beni non presenti altrove. Ma andando per gradi, considerando l’attuale situazione, è bene prima di tutto considerare il più grande alleato di Mosca. La Cina, appunto.

A sei mesi dalla guerra in Ucraina si guarda alle conseguenze delle sanzioni

In questo caso il Dragone ha pensato bene di approfittare degli sconti offerti da Putin per l’acquisto di quelle materie prime sulle quali la comunità internazionale aveva posto dei limiti di scambio. Alcuni dati arrivati dalle dogane cinesi, pubblicati da Reuters, confermano un aumento delle forniture di petrolio e carbone russo. In particolare, considerando il greggio, la strada battuta sembra essere quella dell’East Siberia Pacific Ocean, con un +7,6% di quantitativi rispetto al 2021. Ma a differenza di quanto si rede, anche i numeri possono essere interpretati.

L’altro lato della medaglia

A farlo sono sia la Commissione Europea che uno studio dell’Università di Yale. In particolare secondo quest’ultimo le conseguenze per la Russia si avranno, per lo più, sul medio e lungo periodo. Un esempio citato è quello di alcune aziende statunitensi specializzate nel settore tecnologico: senza la loro presenza su suolo russo sarà difficile garantire i rifornimenti di prodotti dopo l’esaurimento delle scorte ancora presenti nei magazzini.

Per quanto riguarda, invece, le conclusioni della Commissione Europea, il focus dell’analisi si concentra sulle esportazioni russe verso l’Unione. Alla fine del 2022 queste dovrebbero registrare un saldo pari alla metà di quello del 2021 con possibili effetti anche sociali a causa della scarsità prevista di alcuni beni giudicati ormai primari. Soprattutto per non perdere il passo con la concorrenza tecnologica internazionale.

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