Il contratto stagionale riguarda le attività lavorative che vengono svolte ciclicamente, cioè in un determinato periodo o a più periodi dell’anno. Si lavora, ad esempio, tutte le estati o tutti gli inverni. Quindi, la caratteristica principale del contratto a tempo determinato di che trattasi è la ciclicità. Pertanto, il dipendente stagionale deve fare i conti con lunghi periodi in di sospensione dell’attività lavorativa.
A tal riguardo, fino a pochi anni fa, la normativa in materia di indennità di disoccupazione stagionali, era molto favorevole. Infatti, offriva al lavoratore una tutela economica continuativa, grazie alla quale era garantito un reddito anche per i periodi dell’anno di sospensione dell’attività. Quindi, se aveva lavorato per almeno 1 anno nel biennio precedente la fine del contratto, la durata dell’indennità era minimo di 8 mesi.
Essa poteva arrivare sino a un massimo di 16 mesi per gli over 55. Pertanto, la durata della vecchia disoccupazione era bastata solo sull’età e non sui contributi posseduti. In ogni caso, alla luce di detta normativa, allo stagionale era sufficiente lavorare 6 mesi all’anno per garantirsi un reddito per l’intero anno. Infatti, per gli altri 6 mesi egli riceveva l’indennità di disoccupazione.
Questi sono i benefici a cui avevano diritto i lavoratori stagionali alla luce della normativa precedente. La situazione è notevolmente cambiata con l’entrata in vigore del decreto di riordino degli ammortizzatori sociali in materia di disoccupazione. Questo ha istituito la nuova indennità di disoccupazione Naspi.
A quali benefici hanno diritto i lavoratori stagionali in base alla nuova normativa
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La Naspi, a differenza della precedente indennità di disoccupazione Aspi, non si basa sull’età e non ignora i precedenti periodi di disoccupazione fruiti. Inoltre, non viene liquidata se il disoccupato non cerca attivamente un nuovo lavoro o non partecipa alle iniziative di politica attiva. Si pensi agli incontri di orientamento, ai corsi di formazione e riqualificazione. Le condizioni per accedere alla Naspi sono le seguenti:
1) cessazione involontaria del contratto di lavoro;
2) presentazione della dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro ed alle iniziative di politica attiva;
3) possesso di un minimo di 13 settimane di contributi accreditati nei 4 anni precedenti;
4) aver lavorato per almeno 30 giornate nell’anno.
L’importo è pari al 75% del reddito medio mensile imponibile INPS degli ultimi 4 anni, sino al tetto massimo di 1.227,55 euro (per il 2020). Se il reddito medio supera il predetto valore, si deve aggiungere il 25% della differenza tra il reddito medio e il tetto massimo di 1.227,55.
Il tutto, però, senza superare 1.335,40 euro, che è l’importo mensile massimo della Naspi. Inoltre, durante il periodo di disoccupazione, spetta l’accredito dei contributi figurativi da parte dell’INPS. In generale, per tutti i lavoratori, la durata del beneficio è pari alla metà delle settimane contribuite negli ultimi 4 anni. Ad esse vanno sottratte quelle che hanno già dato luogo all’indennità di disoccupazione.
Con riguardo, specificamente, ai lavoratori stagionali, questo sistema di calcolo della durata della Naspi risulta, sfavorevole.
Infatti, i medesimi, con il vecchio sistema Aspi riuscivano a percepire, a fronte di 6 mesi di lavoro l’anno, 6 mesi di disoccupazione.
Ad oggi, per gli stagionali, importo, durata e requisiti previsti per il diritto alla Naspi sono gli stessi. Tuttavia, sussiste un’agevolazione che opera solo per il settore turistico. Cioè, se dal calcolo del sussidio risulta che la sua durata è inferiore, il lavoratore ha diritto ad 1 mese in più di Naspi. Questo beneficio, tuttavia, è riconosciuto solo se la differenza non è inferiore a 12 settimane.