A quale età un figlio può decidere con quale genitore andare a vivere dopo la separazione?
I genitori nell’accordo di separazione ed il giudice nel provvedimento che dispone l’affidamento condiviso individuano (nell’interesse dei figli) il genitore presso il quale il figlio o i figli fissano la loro residenza.
Si tratta del cd. collocamento.
Le possibili forme di collocamento sono tre
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1.il collocamento prevalente che è la forma più diffusa e prevede che i minori risiedano in prevalenza presso il genitore ritenuto più idoneo;
2.il collocamento a residenza alternata che prevede che i figli si alternino per periodi di convivenza presso ciascun genitore;
3.il collocamento invariato che prevede che i figli abitino stabilmente in una casa e siano i genitori ad alternarsi.
A quale età un figlio può decidere con quale genitore andare a vivere dopo la separazione?
Quando i genitori si separano, una delle questioni più frequenti è rappresentata proprio dalla scelta della cd. collocazione del figlio. Vale a dire con quale genitore dovrà abitare.
La legge non detta regole circa la residenza dei figli, ma sancisce il diritto del minore a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, a norma dell’art. 337 comma 1 del codice civile.
In caso di disaccordo tra i genitori sul collocamento
Il figlio, in caso di disaccordo dei genitori, potrebbe non avere una collocazione prevalente, trascorrendo tempi analoghi con la mamma ed il papà, i quali dovranno organizzarsi per assicurare al minore uno spazio abitativo adeguato alle sue esigenze, oppure venire collocato in modo prevalente con il padre o con la madre.
Se non c’è accordo dovrà decidere il giudice.
L’ascolto del minore quando è possibile?
A norma dell’articolo 337 octies del codice civile, il giudice non potrà ignorare, specie se non ci sia l’accordo tra i genitori, la volontà espressa dal figlio e dovrà procedere al suo ascolto.
In generale, il figlio minore che ha compiuto 12 anni, e anche di età inferiore ove capace di discernimento, ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano (art. 315 bis c. 3 c.).
La norma fa riferimento all’ascolto del minore e non alla sua audizione.
Ascoltare il minore significa prestare attenzione alle esigenze del minore, alle sue idee, ai suoi desideri e all’interesse che egli ha alla vicenda dei genitori, disponibilità da parte di chi ascolta anche di modificare le proprie opinioni a seguito dell’ascolto, che deve poter avvenire in un contesto adeguato.
Sono procedimenti nei quali l’opinione del minore viene acquisita con la finalità di dare al giudice gli elementi per decidere nel migliore modo possibile, ma soprattutto per conoscere il desiderio del bambino.
Questo non esclude che in base agli elementi acquisiti, il giudice possa lo stesso decidere di non assecondare la scelta del fanciullo.
In questa ipotesi, come precisato dalla Cassazione (Cass. Sent. 16658 del 22.06.2014) il giudice ha un onere di motivazione direttamente proporzionale al grado di discernimento del minore.
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