A 67 anni di età un lavoratore dovrebbe poter dire basta e andare in pensione. Lo prevede la pensione di vecchiaia ordinaria, che con 20 anni di contribuzione previdenziale versata dovrebbe consentire di avvedere alla quiescenza. Perché usiamo il condizionale? Perché con l’avvento del metodo contributivo, anche arrivati a 67 anni la pensione non è una certezza. Al requisito anagrafico ed a quello contributivo, infatti, se ne aggiungono almeno altri due. Ed in più, il valore di un anno di contributi deve essere determinato in euro e non in settimane lavorative. Per esempio ci sono lavoratori che anche con 52 settimane lavorate non maturano un anno di contribuzione utile alle pensioni.
A 67 anni senza pensione ma le soluzioni non mancano
Indice dei contenuti
La pensione per chi ha iniziato a lavorare nel sistema retributivo si percepisce a 67 anni di età con 20 anni di contributi. Questo quasi sempre, o almeno nella stragrande maggioranza dei casi. Infatti, se il lavoro è pagato normalmente problemi non dovrebbero esserci. L’importante è che l’aliquota del 33% con cui ogni anno il lavoratore destina una parte dello stipendio medio annuale utile ai fini previdenziali, soddisfi il minimale contributivo annuale. Ma parliamo di persone che hanno iniziato a lavorare prima del primo gennaio del 1996. Chi ha iniziato da quella data infatti, deve completare anche altri requisiti per poter accedere alla pensione. A 67 anni di età per loro non basta completare i 20 anni di contributi, a prescindere dal minimale raggiunto.
La pensione di vecchiaia per i contributivi puri a 71 anni, ecco quando e perché
Con una carriera iniziata solo dopo il 31 dicembre del 1995, c’è chi si trova a 67 anni senza pensione. Infatti, per poter completare i requisiti utili alla quiescenza questi lavoratori devono ottenere, alla data di decorrenza del trattamento pensionistico, un assegno pari ad 1,5 volte l’assegno sociale vigente in quel determinato anno. Nel 2022 per esempio, hanno dovuto rinunciare alla pensione quanti non hanno raggiunto una pensione di circa 703 euro al mese. Infatti, l’assegno sociale in vigore nel 2022 è pari a 468,28 euro al mese, e quindi 1,5 volte questo assegno significa una pensione pari esattamente a 702,42 euro al mese. Senza questo assegno la pensione slitta a 71 anni.
La NASPI può essere utile, oltre naturalmente all’assegno sociale
Ciò che può fare un lavoratore che si trova in questa situazione e quindi, impossibilitato ad andare in pensione è solo il pensare all’assegno sociale. Se i redditi propri o quelli del coniuge sono entro le soglie prestabilite (per una persona sola reddito entro 6.085,43 euro e per i coniugati reddito entro 12.170,86 euro), l’assegno sociale può essere una soluzione. Senza redditi o in genere, con un ISEE entro 9.360 euro, oltre a tutta un’altra lunga serie di requisiti (dalle proprietà immobiliari sotto i 30.000 euro, ai soldi in banca sotto i 6.000 euro), ci sarebbe anche il reddito di cittadinanza. Infine, se l’interessato a 67 anni senza pensione, viene licenziato dal datore di lavoro, può percepire anche la NASPI.
Contrariamente a ciò che si pensa, il sussidio per disoccupati INPS può tornare utile anche a chi ha 67 anni. Infatti, anche se comunemente si dice che a 67 anni la NASPI cessa, questo vale solo per chi poi va in pensione. Infatti non è l’età a determinare la cessazione della NASPI, ma il diritto maturato ad una pensione. Senza la pensione a 67 anni nulla vieta al diretto interessato di percepire anche 24 mesi di NASPI. Avvicinandosi quindi ai 71 anni, età a partire dalla quale la pensione di vecchiaia può essere liquidata anche senza arrivare necessariamente a 703 euro circa al mese.
Lettura consigliata
Pensione anticipata 2023 pure con 20 anni di contributi, cosa fare all’INPS